UNA NOTA DI GIGGI-

UNA NOTA DI GIGGI

UNA NOTA DI GIGGI 

   Ringrazio Giggi che mi ha inviato questa precisazione forse più esplicativa di quello che si può  leggere nella Grammatica pubblicata(ed ancora in fase di completamento rispetto alla cartacea) su questa  pagina

   RICHIAMO AL MIO APPUNTI E NOTERELLE MORICONESI

 

   Una mia semplice riflessione su alcune parole e locuzioni dialettali  mi ha sollecitato il richiamo a margine del mio APPUNTI E NOTERELLE MORICONESI,  autoedito nel 2009 con UNIBOOK e ora reperibile su SHOP MY BOOK. 

  Nella mia premessa a quei miei appunti e noterelle, avevo avvertito di non poter svolgere da solo un lavoro così complesso e impegnativo   che, d’altra parte, richiedeva  una preparazione adeguata sotto il profilo della dialettologia e delle conoscenze storiche e culturali specifiche.

  Infatti io avevo compilato e pubblicato quel libretto al solo scopo di suscitare nei giovani un interesse per le ricerche dei documenti e degli avvenimenti storici  locali, in modo che si unissero le varie capacità dei più volenterosi per procedere in collaborazione ad una ricostruzione storica e culturale  più ampia e più qualificata.

  Con quel mio lavoretto, quindi, avevo inteso solo di fornire  spunti, elementi concreti, prospettive di lavoro, perché si potesse procedere su varie direzioni ed esplorare validamente i diversi settori del nostro ambiente sociale, storico, artistico, culturale.

  Ancora su questa prospettiva, appunto, ritengo qui aggiungere una mia riflessione sulle parole dialettali quillu /quissu/ quistu, quilli /quissi / quisti e quello, parole che mi hanno intricato non poco, ripercorrendo ricordi di luoghi, di locuzioni, di modi di dire.

   Le parole dialettali quilli / quissi / quisti nel caso più semplice e diretto, corrispondevano perfettamente all’italiano quelli / questi (ad es.: “quilli / quissi ‘mbriachi so’ l’ommini più stupiti du munnu”, che tradotto in italiano suona: “quelli / questi  ubbriachi sono gli uomini più stupidi del mondo”).

   Ma la parola “quilli” serviva anche come locuzione ellittica per indicare  una famiglia, una parentela, come nei casi di: “quilli du Mattarellu”, nel senso di “gli appartenenti alla famiglia del Mattacchione”; “quilli ‘e Picchiotto”, nel senso di “gli appartenenti alla parentela del Picchiotto”: “quilli ‘e Lenguafore”, nel senso di “gli appartenenti alla parentela o alla casata di Linguafuori” ( Mattarellu, Picchiotto, Lenguafore erano soprannomi di persone estesi ai collaterali e discendenti).  Si nota bene che quilli, quissi e quisti sono termini chiaramente riferiti a persone.

  Diversamente è il caso di quello, usato ancora ellitticamente  per indicare un terreno, un campo di un dato proprietario. Ricordo bene quando io dicevo: “So’ statu a pasce ‘e pecora a quello de Diunisiu”, nel senso di “Sono stato a pascolare le pecore nel campo di proprietà di Dionisio”; come altri dicevano: “Vajo a pota’ ‘e live a quello de Giuvanni”, nel senso di dire: “Vado a potare gli olivi nel campo di proprietà di Giovanni”. Si nota bene che quello non viene usato per indicare persone.

   Caso differente è quando le stesse parole hanno funzione di aggettivi, perché allora subiscono l’aferesi, come quando si dice “pija ‘llu / ‘stu sappo’!”, nel senso di “prendi quella/ questa zappa!”; oppure quando si dice “‘lla /’sta  vanga s’è cunzumata a ‘nna ponda”, nel senso di dire  “quella / questa vanga si è consumata nella punta”.

 

                                            Luigi Filippetta