Dunque lopera dantesca è espressione di una complessa architettura allegorica, anche se nella Commedia episodi come quelli di Francesca, del Conte Ugolino, di Pier delle Vigne, per dirne solo alcuni, sono solo espliciti quadri di profonda umanità e non fanno parte di alcun linguaggio esoterico-allegorico.
Della complessa architettura simbolica, qui a me pare sufficiente accennare brevemente al linguaggio dei numeri, limitatamente alla Vita Nova e alla Commedia, cioè alle opere in cui emerge la figura di Beatrice, a cominciare dalla domanda: può essere reale una donna, la cui figura è pensata tutta in relazione al numero nove?
Di questo numero nove, che appare sin dal Cap. II della Vita Nova in relazione alla figura di Beatrice, Dante stesso, dopo la morte di Beatrice, si accinge a sottolinearne limportanza e nel Cap. XXVIII scrive: Tuttavia, però che molte volte lo numero del nove ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non sanza ragione, e nella sua partita (morte) cotale numero pare che avesse molto luogo, convenesi di dire quindi alcuna cosa, acciò che pare al proposito convenirsi.
E poiché la Vita Nova oltre che opera allegorica appare anche didascalica, comunque rivolta a chi sa, cioè ai Fedeli dAmore, nel Cap. XXIX Dante mostra come il senso del nove secondo Tolomeo e secondo la cristiana veritade personifichi Beatrice, anzi, dice più sottilmente pensando
questo numero fue ella medesima; per similitudine dico, e ciò intendo così. Secondo questa affermazione, quindi, Beatrice e il significato simbolico del numero nove sono la medesima cosa. Poi spiega: Lo numero del tre è la radice del nove
. Siccome vedemo manifestamente che tre via tre fa nove (cioè, tre al quadrato fa nove).
Nella Commedia il numero tre si fa simbolo portante di tutta larchitettura dellopera. Tre endecasillabi costituiscono ciascuna strofa (terzina incatenata); trentatré canti (il tre ripetuto in coppia, o numero di gemelli come detto nel gioco del lotto) per ogni cantica del poema; tre cantiche compongono il poema.
Il numero (tre nove trentatré) è quello che di più appariscente costituisce il linguaggio simbolico ed esoterico della Vita Nova e della Commedia. Un linguaggio allegorico inteso a comunicare un sapere segreto a chi quel codice simbolico conosce, giacché in una società chiusa, autoritaria, violenta, come quella che anche Fo illustra efficacemente nel suo Mistero Buffo, una libera circolazione delle idee è quanto meno impensabile. Ci voleva poco a finire arso vivo come fra Dolcino, a finire in una di quelle terribili torture destinate ai cosiddetti eretici, la cui manifestazione di pensiero diverso e libero poteva minacciare il sistema di potere ben più di una compagnia di ventura assoldata da un signore o da un vescovo di quel tempo.
Noi oggi non ci rendiamo conto di quanto fosse chiusa, rigida e crudele la struttura sociale, culturale e politica nel tempo di Dante. Né ci rendiamo facilmente conto dellopportunità, se non della necessità, del ricorso allallegoria nella poesia di quel tempo.
Infatti da più di qualche secolo noi oggi siamo in una società aperta, in cui la circolazione delle idee non solo è ammessa e garantita, ma ne costituisce larricchimento e ne connota il carattere.
Proprio per questa nostra libertà di parola e di pensiero, essendo divenuto inutile, il linguaggio allegorico sarebbe avvertito come fastidioso. Sicché per opportunità dei tempi, oggi la poesia allegorica è scomparsa, certamente senza rimpianti.