MUSEKE IN BOLIVIA-

MUSEKE IN BOLIVIA

     CARLA CAMILLI per Museke

   IL MIO VIAGGIO IN BOLIVIA

 IL MIO VIAGGIO IN BOLIVIA

       Mentre cominciavo a scrivere questo articolo con la data dell’8 marzo, mi sono resa conto che il mio viaggio in Bolivia è stato caratterizzato dall’incontro di donne “eroiche”, se così posso chiamarle, perché loro sarebbero le prime a dissentire con questo appellativo. In realtà Mayte, Cirila, Martina, Secondina, Teodora sono donne che stanno combattendo ogni giorno, da sole, per garantire una vita dignitosa ai loro figli. Ma andiamo con ordine. 

   Quando ho messo piede per la prima volta nell’hogar di Creamos, ero ansiosa di conoscere, abbracciare, coccolare un po' i bambini che vociavano allegri nel patio, ma proprio in quel momento, gli assistenti sociali del Sedeges stavano portando nell’orfanotrofio un neonato di poche ore, trovato dentro una busta di plastica, ancora sporco di sangue e col cordone ombelicale legato alla meno peggio. La busta era stata trovata appesa alla maniglia dell'uscio di un abitazione. Un tocco di campanello e la scoperta di questo fagottino vivo aveva messo in moto il meccanismo dei soccorsi. 

  All'inizio non riusciva a succhiare il latte dal biberon, ma la dolcezza, la tenerezza della sua mamita, hanno fatto il miracolo. E i 22 bambini, di età compresa tra zero e cinque anni, che si trovano nell’hogar hanno accolto l'ultimo arrivato come un fratellino. In realtà nell’ultimo mese ne sono arrivati altri due di neonati abbandonati più o meno con le stesse modalità. Gli abbandoni di questo tipo – mi hanno poi spiegato – indicano che le madri desiderano che i figli vengano presto trovati e salvati 
 dagli operatori. È un atto d’amore da parte delle donne che hanno la consapevolezza di non poter garantire una vita dignitosa alle loro creature, vivendo per strada.

 Io ero a Cochabamba per verificare lo stato di avanzamento del progetto "Nati per amare", avviato nella primavera del 2016, da Tonino Brunetti per conto di Museke e così, smaltita la fatica dei due giorni di viaggio dall’Italia alla Bolivia, sono andata a visitare in compagnia di Cirilo Mejia Cruz le famiglie coinvolte nel piano. 

   Dopo un'ora e mezza di cammino con il pulmino di Creamos che arrancava su per una strada sterrata e accidentata, siamo arrivati a Larati, un villaggio a 3.200 metri di altezza, dove ho potuto "ammirare" i porcellini d'India (cuyes) comprati con i fondi raccolti da Museke. I porcellini erano ormai alla terza nidiata ed erano in compagnia di conigli e gallinelle ovaiole. Gli orticelli dei contadini erano ben ordinati e, nonostante la siccità degli ultimi mesi, facevano bella mostra di sé: cipolle, patate, lupini, scarola, broccoletti, piselli. Tutti ci hanno accolto con cordialità e nella loro lingua, il quechua, ci hanno invitato a entrare nelle loro modeste case, per offrirci quello che avevano: patate lessate con piselli, qualche frutto, un po' di riso e persino una coscetta di cuyes. Era per loro il pranzo del giorno e senza esitazione lo hanno condiviso con noi. 

 Lo stesso rito si è ripetuto a Sapanani, Kuluio (3.500 metri di altitudine) e a Pajcha wasa (3.800 metri di altitudine). A me è sembrato di tornare bambina dopo la guerra, quando era quasi normale, nelle case dei contadini, mangiare con le mani.

Dopo questo primo incontro ce ne sono stati altri, un po' più formali, per avviare il progetto di apicoltura con le otto famiglie che hanno aderito alla prima fase. La priorità è stata soprattutto aiutare le famiglie a formare una piccola cooperativa e a lavorare insieme. Il problema della lingua è stato brillantemente superato con la presenza di Cirilo, che gode di molta fiducia da parte di tutti. Anche se ha studiato e ha esercitato la professione di infermiere nella "Posta de salud" per tanti anni, Cirilo è parte della sua comunità.

Che altro aggiungere? Personalmente posso dire che l'impatto con una povertà così profonda, mi ha inizialmente sconvolta, ma poi vedendo queste persone dignitose, cordiali, accoglienti mi sono più di una volta chiesta se le nostre case arredate con gusto, piene di elettrodomestici funzionali, con i frigo ricolmi di ogni ben di Dio, non siano a volte meno accoglienti di quelle casupole di fango dove incontravo le persone vere, che mi guardavano negli occhi con fierezza ...
Ringrazio Museke di avermi dato la possibilità, nonostante la mia veneranda età, di fare questa esperienza e spero di riuscire a preparare un piccolo montaggio fotografico per illustrare più compiutamente il mio viaggio. Inserisco alcune foto inerenti questa mia nota di viaggio.

                                                                                                                Carla Camilli

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