Luigi Filippetta-

Luigi Filippetta

                           SCUOLA  E  LOTTA DI CLASSE

di Luigi Filippetta

    Non è colpa della scuola. Né di quella inferiore, né di quella superiore. Tantomeno è colpa degli insegnanti che vi lavorano. Scuola e insegnanti comunque sembrano diventati senz’anima, senza possibilità di resistenza, quasi abbandonati, almeno così sembra, dalle loro organizzazioni di categoria. Ma la vera colpa è della classe dominante che usa la scuola come potente strumento per la lotta di classe.

   Ci hanno convinto della morte delle ideologie; ma le ideologie sono vive. Ci hanno convinto che non c’è più lotta di classe, ma la lotta di classe sta sulla nostra pelle. Infatti la lotta di classe prosegue da parte della classe dominante, che non si accontenta di far pagare la crisi alle classi subalterne, specialmente alla classe media e  degli insegnanti, ma le persuade anche di essere colpevolmente vissute al di sopra delle loro possibilità negli ultimi decenni.

   Si noti che oggi la crisi ha prodotto un ulteriore arricchimento dei già ricchi di fronte ad un impoverimento della classe piccolo borghese. I dieci più ricchi posseggono l’equivalente di cinquecentomila lavoratori.

   Ma di questa lotta di classe, che ha segnato la vita politica e sociale nei secoli scorsi e investe la nostra vita democratica, non si trova traccia nello studio delle varie materie d’insegnamento della nostra scuola.

   Della lotta di classe e della globalizzazione aveva scritto  Marx oltre centocinquanta anni fa. Eppure Marx non viene studiato nella maggior parte delle scuole. In altre si studia non adeguatamente, poiché  sembra non significativo in filosofia e marginale nella storia. Così si lascia intendere che la critica di Marx al capitalismo è fallita nella sua totalità, anche riguardo alla dialettica delle classi, la cui teoria ha contribuito alla costruzione scientifica della sociologia.

   A riguardo e di fronte alla nostra situazione storica, a me pare che la scuola non fornisca   alle nuove generazioni  strumenti culturali adeguati per una buona capacità di critica, sia sul piano storico, sia su quello filosofico che su quello sociologico.

   Non è colpa degli insegnanti; ove non conoscessero la dottrina marxiana essi hanno la preparazione professionale per approfondire anche pedagogicamente e didatticamente la conoscenza del pensiero marxiano: se lo volessero.

  Non è colpa della scuola, ma della classe dirigente che così l’ha progettata e articolata, e così l’amministra. Essa è uno dei più efficaci strumenti in mano alla classe dominante, che la usa per controllare le reazioni ai rapporti economici e finanziari, rafforzare il proprio potere, mantenere e schiacciare le classi subordinate nell’incapacità di difendere i loro diritti e di rivendicare migliori condizioni socioculturali per i figli. Basterebbe rifarsi alla riforma Gentile del 1923, a come la scuola fu allora concepita per selezionare la classe dirigente col Liceo e fornire manovalanza qualificata con la scuola di avviamento al lavoro per le classi subordinate.

   Per indebolire la scuola, hanno rovesciato su quella pubblica gran parte dei problemi sociali, con la pretesa, del tutto appariscente ed illusoria, che essa li risolva sul piano educativo. Vi hanno introdotto il problema della rappresentanza delle famiglie, con i vari consigli che sembrano quasi consigli di fabbrica, con i genitori che si contrappongono ai docenti come supervisori della loro opera specialissima.

   Vi hanno introdotto il problema degli alunni handicappati, quello degli alunni con problemi di varia natura, quello dell’istruzione degli alunni stranieri, quello dell’educazione sportiva con i vari sport compreso il nuoto, quello dell’educazione stradale con le lezioni dei vigili, quello dell’educazione sessuale, quello dell’educazione ecologica ed ambientale, quello della socializzazione con le gite, buone per gli imprenditori turistici e dei trasporti, ecc, ecc.          

   Ma quando si fanno le lezioni per acquisire conoscenze  e strumenti e modi di apprendimento, se il tempo di scuola viene decurtato e diluito e dilapidato su così tante problematiche e in così varie e a volte contrastanti attività?

   La legge prevede per ogni anno scolastico un ben determinato numero di giorni di lezione: se una certa quantità di giorni viene invece destinato ad altro, quali i giorni per  le gite designate come viaggi d’istruzione, si ottempera davvero alla legge che prescrive quel numero di giorni di lezione?

   La programmazione deve prevedere un determinato numero di ore di lezione

settimanali – e quindi annuali – per ciascuna materia: se per tutte quelle attività           ( che dovrebbero essere aggiuntive al tempo delle lezioni) dovessero mancare dieci ore all’insegnamento d’italiano (potrebbero  mancare all’insegnamento di matematica o altro) sarebbe corretto nei confronti degli alunni, nei confronti della scuola e nei confronti dello stesso Stato?

   Riassumendo: davvero la scuola può da sola far fronte a tutti questi problemi che le vengono affidati?

   Alla classe dominante ciò non importa. Infatti la scuola pubblica è un servizio per tutti, ma soprattutto per le classi subordinate. La classe dominante ha altri modi, mezzi e strumenti perché i propri figli possano conseguire quanto occorre per inserirsi nei gangli della società che conta.

                                                                   

                                             Luigi Filippetta