ANCORA SULLA BUONA SCUOLA-
LA “BUONA SCUOLA”
La “Buona scuola”. Appare inaudita tanta supponenza. Peggio se si pensasse a tanta ipocrisia. Mai una riforma della scuola si è autodefinita così. Mai tanto ardire. Ci vorrebbe almeno più misura e un po’più di modestia, se non proprio un po’ di umiltà. A soppesarne la portata e l’indirizzo, è una scuola che si pone nella direzione indicata già dai decreti delegati del ’74. Allora si cominciò a sottoporla alle tensioni e alle pressioni delle famiglie, a togliere la libertà didattica al maestro per darla al collegio dei docenti con la programmazione d’istituto, poi col POF, poi ora per delegarla più o meno indirettamente al dirigente, mi pare, col suo potere d’iniziativa quasi illimitato, in quanto alla sua figura sono attribuite funzioni manageriali. Oggi per quella direzione si va ben oltre. La scuola è vista non più come istituzione educativa, ma come un sistema di aziende in concorrenza tra di loro. Soprattutto con riferimento ad ipotetici o concreti finanziamenti privati. Così l’autonomia si risolve nella competizione tra scuola e scuola, tra dirigente e dirigente. Per qualche verso si ritorna al tipo di scuola amministrata dai Comuni precedentemente alla riforma Gentile del 1923 e ai regolamenti organizzativi del 1927. Per altri versi si emula sempre più il sistema americano. Si finge di conservare gelosamente la scuola di Stato, ma essa viene resa privatistica nell’ organizzazione gestionale, tradendone spirito e finalità sul piano educativo e su quello didattico. Per certi versi si rinuncia al nostro spirito umanistico dell’educazione in favore di un insegnamento utilitaristico, con gli obiettivi dello spirito pragmatistico e del competitivismo darwiniano del sistema aziendale d’impresa connaturato al quadro liberistico. Allora dove sta più la “Buona scuola”? Così la stessa scuola come istituzione educativa si dissolve. Rimane come azienda somministratrice di informazioni e di nozioni per la formazione di personale al servizio delle imprese della classe dirigente. L’educazione della personalità e della coscienza individuale e sociale, la visione culturale di ideali orientativi dell’umanità rimangono ricordi della scuola d’altri tempi. E ciò non crea una buona scuola, poiché la nozione e l’informazione non sono tutto, specialmente se si persegue indirettamente e sotterraneamente il disegno di una scuola classista con il sovraccarico della quantità delle nozioni e delle cosiddette competenze da apprendere, ai cui livelli i più deboli economicamente e socialmente non potranno mai adeguarsi! Luigi Filippetta direttore didattico in pensione |
IL MIO COMMENTO
Si potrebbe avere l'impressione ch'io scriva le poesie "ad hoc"! Padrone di non crederci, ma il mese di novembre u.s. avendo avuto un dialogo con una Maestra, ed avendo sentito le sue "lamentele" sull'andazzo della Scuola e sulle fantasiose e "mutilomiranti" riforme, mi è venuto di scrivere quanto segue:
'A SCOLA DE MÓ
Murricó novembre 2015
Mafarda fa 'a scola lementare;
ma ch'ha capitu? Essa fa 'a maestra!
E ha ittu che più sta e più je pare
che stau sembre a rescallà 'a minestra!
Più tembu passa e più tè l'imbressione<
che fau apposta 'a cumpricaje a vita!
Più tembu passa e minu educasione
daī monelli vène recepita;
non solu quella de 'o combortasse,
ma pure quella de apprènn'e cóse!
Ogni scolaru óggi è un foricrasse
e péa mamma è come porcellana:
guai ae maestre che fau 'e tignóse!
A gnurià i monelli è cósa insana!
E non parlemo dea dirigenza
che óggi pija póstu 'ngima u scrannu:
non penza più all'indeligenza,
fa quello che je rriva pé commannu!
Pierluigi Camilli