UN CINQUANTENARIO-

UN CINQUANTENARIO

UN CINQUANTENARIO DA RICORDARE  

Erano Undici alla soppressione: furono Nove alla vestizione del 1743 che diede forma canonica diocesana all'istituzione di Sr. Co­lomba che già dal 1722 aveva vestito l'abito di S. Francesco a Mentana, nel Conventino fuori porta, per mano del meraviglioso direttore di spirito p. Ludovico da Saurgio. Nessuna recri­minazione certo per quanto successe 50 anni fa, ma sarà consentito un vivo rammarico per la caduta in dimenticanza di un'eccezionale Serva di Dio che ha seguito la sorte immeri­tata della sua inspirata creatura: il Ritiro! E dire che fu consigliera di illustrissimi cardina­ cardina­li, come i due Albani: Annibale e Francesco, D'Elei, Valenti-Gonzaga; fu in corrisponden­za con Papa Rezzonico (Clemente XIII) e Papa Lambertini (il dottissimo Benedetto XIV). Si giovò della sua mediazione per risol­vere intricati casi di coscienza il venerato ve­scovo suffraganeo mons. Baiardi, con au­dacia per quei tempi temeraria, la volle con sé in numerose visite pastorali, come a Montorio (dove colse l'occasine per mandarla nel convento di S. Angelo a confessarsi e comunicare «l'interno suo spirito» con p. Leonardo da Por­to Maurizio «che ora va all'esame della sua santificazione», «un santo religioso missiona­rio» (fase. 6°, pag. 60), a Poggio Nativo, a Pog­gio Moiano, a Cantalupo da dove la raggiunse l'ordine di andare a Roccantica, accompa­gnata dal «signore Cataldi, sacerdote ottimo di Dio, di gran dottrina e prudenza» (Id. pag. 68)A Roccantica c'era (e purtroppo adesso non c'è più!) un fiorente Monastero delle Clarisse, fondato nel 1500 dalla nobile Signora Ferraguti sotto la direzione spirituale di S. Filippo Neri. Ma qualcosa non andava fra monache e Ba­dessa, in quel tempo; Sr. Colomba fu nviata dal vescovo come paciera e fu tale l'entusia­smo suscitato nella comunità in maretta che «tutte le bone religiose con allegrezza somma in Gesù, nostro celeste sposo, sbattevano le mani» e dopo quindici giorni di permanenza, all'accompagnatore Cataldi che veniva a riprenderla, risposero: «non venite, no, a pren­derla; la vogliamo con noi sempre!» (Id. pag. 69). E perché non si pensi che faceva furore solo tra le monache, sentite: «II confessore confe­riva, venivano sacerdoti conferivano con mia somma mortificazione. Mi vergognavo di me, inutile donna... poi quei signori e signore di Roccantica venivano ed ognuno diceva i suoi guai... non posso dir tutto, solo dò gloria a Dio che le bone religiose di Roccantica fecero buo­na riforma nel loro vivere monastico, che piangevano, partii e non cessavano di scriver­mi finché vissero» (Id. pag. 70). Lo stesso a Magliano, ospite per un mese della Signora Vannicelli, lamenta di non aver tempo «di soddisfare alle udienze di continuo che avevo de' prossimi miei sì del monastero, due volte al giorno (anche lì un venerando mo­nastero di Clarisse), sì in casa che ognuno ve­niva per consolarsi in Gesù, poi le mie confe­renze con monsignore illustrissimo...» (Id. pag. 73). Che dire poi delle relazioni intrattenute con i vari padri spirituali: francescani, gesuiti, car­melitani, domenicani, alcuni dei quali di alta levatura intellettuale e di straordinaria auste­rità che hanno lasciato un'impronta indelebile nella sua santità. Un'azione determinante fu svolta anche dai parroci di Moricone; dall'ar­ciprete Tosi, che la preparò in modo eccellen­te alla Prima Comunione, a Mochetti che ebbe solo per un anno e mezzo, ma fu sempre rim­pianto, a Prosseda, gioviale, scherzoso che non la prendeva sul serio, ma che alla fine la rico­nobbe come santa, fra le lagrime; al buon Tuschi che le fu di gran conforto nelle tempeste, né pochie, né piccole che dovette sopportare per l'insipienza di alcuni frati confessori in combutta con qualche suorina svampita che era entrata per caso in convento e non aveva poi trovato la via d'uscita, come avviene di certe mosche fastidiose. Cinquant’anni fa il Vescovo di Sabina pose la parola «fine» ad un'opera che un altro Vesco­vo di Sabina, circa duecent'anni prima, aveva inaugurato con i più promettenti auspici. È il lato umano delle cose di Dio. Ma ci sono ro­vine che si chiamano reliquie e strappano la nostra ammirata devozione. E si sa, le reliquie sono quanto rimane nelle nostre mani di una realtà che vive in Dio. Così Virginia Centurione Bracelli e Sr. Co­lomba Maria di Gesù vivono in Dio, chiamate dall Provvidenza una di qua l'altra di là della Croce del Calvario per raccogliere nei calici dei loro cuori il Sangue della Redenzione, come gli angioli delle antiche pitture cristiane, e farne parte alle figlie che il Padre ha loro ge­nerate.