CAPITOLO II-

CAPITOLO II

Capitolo II
 Il cervello scomparso 
 
Terminato il racconto di Fonino Fanaletto e risolto il problema dell’acqua, Buricchio riprese la sua strada con la convinzione che presto sarebbe riuscito a trovare il misterioso fungo. Ma prima di avventurarsi nella sua ricerca, il nostro investigatore chiese a Fonino qualche informazione riguardo al leggendario fungo e il nostro bizzarro paesano gli rispose con tono secco: 
“Non coprirti con la pelle dell’agnello, il prato è grande per pascolare…” . 
Buricchio rimasto perplesso dal significato delle parole - di cui non ebbe mai più una spiegazione-  dell’ informatore, riprese la sua strada. Si addentrò all’interno del paese osservando con curiosità e meraviglia lo splendido paesaggio, il quale, da quando era tornata l’acqua, era attraversato da cascate e torrenti e si era ricoperto nuovamente di verde. 
Egli camminò fino ad arrivare nella piazza centrale, luogo unico al mondo per la straordinaria bellezza, caratterizzato da una splendida fontana situata proprio al centro della piazza e da un enorme castello medievale che faceva da contorno al perimetro della piazza stessa. Buricchio nel vedere tutto ciò rimase a bocca aperta e fu soltanto il grido di un signore a farlo tornare in se. 
Anche questi era uno strano personaggio aveva una testa enorme, degli occhi sbarrati e pronunciava parole senza senso. Di corsa si avvicinò all’ investigatore e inginocchiandosi ai suoi piedi lo implorava di aiutarlo.  In realtà le cose non andarono proprio così, infatti prima che Buricchio riuscisse a capire cosa gli stesse dicendo, 
il Capoccione ci mise tre giorni; era impossibile dare un senso alle sue frasi: erano sconnesse e prive di filo logico; addirittura alle volte parlava al contrario, cioè dall’ultima sillaba fino alla prima. Per fortuna che il nostro investigatore aveva delle qualità di eccellente detective ed era abituato a risolvere casi complessi, anche se uno simile fino ad ora non lo aveva mai incontrato. Non si diete per vinto e voleva aiutare quell’uomo in balia di se stesso, così che tirò fuori dallo zaino carta e penna ed iniziò a prendere appunti, cercando di mettere in ordine le frasi pronunciate a mo di rebus dal Capoccione. 
Dopo tre giorni Buricchio riuscì a riordinare il discorso del paesano dislessico e capì cosa gli volesse dire: cercava aiuto o meglio cercava il suo cervello che era sparito all’interno del castello in cui abitava  ed era proprio quello il motivo per cui non riusciva a fare un discorso di senso compiuto: perché non aveva più un cervello. 
Vorrei vedere voi cari lettori a parlare con qualcuno, a sostenere le vostre idee e a cercare di avere ragione su altre persone senza avere un cervello all’interno della testa.
 Lo so la mia tesi potrebbe essere smentita da qualcuno di voi dicendomi che al giorno d’oggi anche chi ha un cervello nella scatola cranica ha difficoltà ad usarlo, ma questo è un altro discorso e sarebbe meglio tornare alla nostra storia. 
Da quello che aveva capito Buricchio, il Capoccione come tutte le sere prima di andare a letto e addormentarsi si toglieva il cervello e lo appoggiava sul comodino della camera da letto. Questa era una prassi che egli ripeteva tutte le sere da cento anni a questa parte e fece così anche la notte dell’ultimo Natale….. ma quella notte fu diversa. Capoccione infatti anche quella volta dopo essere stato con gli amici a festeggiare il Natale all’interno dell’enorme castello decise di andarsene a letto e dopo aver dato loro la buona notte, indossato il pigiama, si mise seduto sulla sedia accanto al comodino e si tolse il cervello mettendolo dove lo aveva sempre messo all’interno di un involucro di vetro del diametro di 5 metri tanto ne aveva il suo enorme cervello. La mattina svegliandosi, e, come sempre prima di alzarsi dal letto, allungò la mano per prendere l’organo dell’intelligenza ma niente………non c’era niente. Infatti l’involucro di cristallo era vuoto, anzi c’era dell’acqua con un piccolo pesce rosso che sguazzava all’interno. 
 Subito corse dalla domestica per chiedere se fosse stata lei a prendere il cervello, ma appena le si fece avanti pronunciando delle frasi talmente incomprensibili la povera donna cadde priva di sensi sul pavimento.  Tornata in se , ma con aspetto ancora sconvolto, la domestica cercò di confortare il padrone di casa e dopo aver capito qual’era il problema cercò di aiutarlo nella ricerca, ma la caccia al cervello non portò a nessun risultato.  Fu allora che il Capoccione uscì dal castello e si imbatte in Buricchio. 
 Il nostro investigatore come sapete era impegnato nella ricerca del famoso fungo ma, egli era un uomo buono, altruista, un magnanimo si direbbe oggi e poi mettiamoci che la risoluzione dei casi impossibili era stato sempre il suo pallino, decise di aiutare il povero senza cervello. 
Mentre i due si spostavano all’interno del luogo del delitto, Buricchio rifletteva tra se e se cercando di capire dove fosse andato a finire l’enorme encefalo del Capoccione dislessico ma non riusciva a trovare una spiegazione. 
A chi sarebbe potuto  interessare un cervello di così grandi dimensioni?? Eppure sulla Terra un altro  uomo che possedesse una testa talmente grande da racchiudere una così grande  quantità di materia grigia non esisteva. I due stettero rinchiusi all’interno del maestoso castello medievale per più di cinque mesi, guardarono da ogni parte, scrutarono ogni angolo della roccaforte ma non riuscirono a trovare niente; giusto qualche ragnatela, qualche sorcio che rosicchiava i piedi dei mobili e un’ infinità di polvere ma nient’altro….del grande encefalo neanche l’ombra.
Esausti abbandonarono la ricerca e si sdraiarono sul prato fuori dal castello per recuperare un po’ di forze. 
Caddero, per la stanchezza,  in un sonno profondo e tutti e due fecero lo stesso sogno:  ad entrambi comparve Egodazi. Vi ricordate? Il possente maggiordomo della sindachessa di Moricane, il quale con tono minaccioso intimò ai due di interrompere la  ricerca perché tanto non avrebbero mai trovato il cervellone poiché soltanto lui sapeva dove si trovasse….. 
Buricchio e il Capoccione si svegliarono di soprassalto e bagnati fradici di sudore provocato dall’incubo che avevano fatto, decisero di recarsi nella sede comunale per parlare con l’eccentrico amministratore. Prima di accoglierli Egodazi fece passare più di due anni, infatti ogni volta che i due erano sulla soglia della porta del suo ufficio nel tentativo di entrare inventava una scusa, tipo:”OGGI NO È TARDI” oppure “IO STO LAVORANDO, NON POSSO PERDERE TEMPO CON DEI NULLAFACENTI” e questo appunto si ripeté per molto tempo; finché un giorno l’omone decise di ricevere i due, i quali ormai avevano perso ogni speranza. 
Il vero motivo per cui ricevette Buricchio e il Capoccione dopo due anni da quando arrivarono nel palazzo comunale era perché l’astuto Egodazi stava aspettando il periodo delle nuove elezioni ed egli avrebbe aiutato sicuramente i due ma soltanto se avessero votato  lui, insomma l’uomo onesto può far politica ma la politica non fa l’uomo onesto.
 Buricchio prese la parola, anche se il problema gli interessava in maniera indiretta ma date le difficoltà del Capoccione nell’esprimersi dovette farsi avanti e spiegare il motivo per cui  aspettarono tutto questo tempo per poter parlare con l’amministratore.  Raccontò ad Egodazi tutta la storia da quella notte di Natale fino al mattino seguente, quando il povero uomo oltre ad avere una testa enorme divenne anche dislessico a causa del furto del suo cervello. Appena finito il racconto di Buricchio, Egodazi scoppiò a ridere con quella sua voce grave che attirò l’attenzione della signora sindaco, la quale si trovava a svolgere una lezione di diritto presso una scuola a venti km di distanza. Lei mentre stava spiegando ai suoi alunni un’orazione di Seneca, sentendo quelle grida, le parve veramente di trovarsi all’interno del Senato romano, ma appena riconobbe i gemiti del suo maggiordomo corse subito nell’ufficio dove si trovavano i tre personaggi per capire cosa stesse accadendo.
 Egodazi le raccontò tutto, e lei, molto più sensibile dell’uomo, cercò di confortare il povero Capoccione, dandogli dei colpi sulla testa in segno di solidarietà, ma dovette subito fermarsi per la grande eco che rimbombava all’interno della zucca vuota.

Insomma nessuno sembrava in grado di risolvere quell’enigma: Egodazi già stava preparando le schede elettorali per farle firmare ai due; Buricchio, dopo il racconto di Fonino Fanaletto, era a conoscenza delle persone che gli  si trovavano di fronte e sapeva bene che da quegli individui non avrebbe avuto nessun aiuto; la sindaca era talmente commossa da quella storia che non diceva quello che pensava nemmeno sotto tortura; il Capoccione, purtroppo inconsapevole della gravità della situazione, si mise a parlare con la giovane assessora, la quale dopo aver smesso di piangere e aver fatto ritornare l’acqua al paese ricopriva di nuovo il suo ruolo comunale e sembrava con entusiasmo perché aveva trovato qualcuno che la capiva: infatti riuscì a parlare col senza cervello per più di dieci ore di fila e la cosa entusiasmante era il fatto che lui non solo la stava ad ascoltare ma rispondeva anche a quello che diceva e lei capiva lui. Sembrava proprio che tutto fosse tornato alla normalità e  quella caccia al cervello sembrava non fosse più necessaria poiché il Capoccione aveva trovato l’assessora  che lo capiva quando parlava, nonostante il suo linguaggio dislessico; anche lei finalmente aveva trovato qualcuno che la stava a sentire senza provocare in lui  l’istigazione al suicidio.
I due si sposarono il giorno dopo ed ebbero tre bambini ai quali però non insegnarono mai a parlare e restarono muti per tutta la vita, per nostra fortuna.
Sicuramente vi starete chiedendo quale fine abbia fatto l’encefalo del distratto dislessico, ebbene, si venne a sapere, in seguito, che a rubarlo furono dei ragazzi, i quali svolgevano l’attività di raccolta differenziata per il Comune di Moricane. Il loro intento era quello di fare uno scherzo al Capoccione, loro amico, e glielo avrebbero restituito in breve tempo. Ma quando videro il Testone innamorato raggiungere quella felicità che conoscono in pochi nella vita, decisero di tenerlo perché se lo avessero restituito al loro amico tutto quel mondo idillico che si era creato intorno ai due innamorati sarebbe finito, poiché non sarebbero più riusciti a capirsi.
I ragazzi della raccolta differenziata decisero di riciclare l’organo e con quel tanto di cervello riuscirono a produrre tonnellate di carta e altro materiale con cui fabbricarono quaderni, diari, matite, penne e spedirono tutto nei Paesi del terzo mondo in beneficenza permettendo ai poveri bambini di quelle parti di andare a scuola e conoscere la libertà! “Ma none quella dea Cocacola: quella giusta che se ne parla a scola!” come dice un mio caro amico poeta