LIBERTÀ-

LIBERTÀ

                              NUOVO ARTICOLO DI GIGGI SULLA SCUOLA:


LIBERTÀ


LIBERTA’ DIDATTICA 

  Nel mio precedente scritto sulla cosiddetta “Buona scuola”, ho accennato alla libertà didattica, principio fondamentale dell’azione del maestro, che con i decreti delegati del ’74 fu attribuita esplicitamente al collegio dei docenti, ed ora, con la cosiddetta “Buona scuola” implicitamente viene attribuita al dirigente scolastico. Tale libertà didattica era intesa, e dovrebbe essere intesa sempre, come principio fondamentale del rapporto maestro-scolaro nel momento educativo, come punto d’incontro del maestro che educa e dell’alunno che si educa, quindi come attributo imprescindibile del singolo maestro e di nessun altro. In questa prospettiva, l’opera dell’insegnante non potrà mai essere paragonata né a quella di un operaio o di un impiegato, come purtroppo si tende a fare da alcuni decenni, e tantomeno potrà mai essere sostituita da una cosiddetta macchina per insegnare, giacché è l’opera di una persona adulta, con una sua preparazione professionale specifica, indirizzata verso un’altra persona che cresce e che si manifesta diversamente in momenti diversi, ora per la sua emotività, ora per sua affettività, ora per altri e diversi suoi fattori psicologici. Ed è su questi aspetti e momenti diversi che va affermata e difesa la libertà degli interventi educativi, cioè la libertà didattica dell’insegnante. Per altro, la diversità dell’opera educativa nei confronti delle altre attività sta nel fatto che essa non può essere misurata sulla quantità di tempo o di prodotto della lezione e dell’apprendimento. Invece essa va pensata e valutata assolutamente sotto il profilo della qualità e neanche minimamente sotto il profilo della quantità. Non sono pochi gli interessi più o meno nascosti per cui si tende a limare e a limitare con vari mezzi questa libertà didattica dell’insegnante. E non sono poche le sollecitazioni per limitare la libertà didattica con i diversi tentativi di quantificare l’azione educativa dell’insegnante, soprattutto riducendo questa alla semplice produttività d’insegnamento, ricorrendo anche alle prove INVALSI. Quasi come non si fosse nella scuola per promuovere lo sviluppo integrale della personalità degli alunni, ma come si stesse in una fabbrica dove si producono tappi, barattoli e oggetti di cartone. A proposito della libertà didattica, mi piace qui fare due esempi tratti dalla storia della scuola, con riferimento all’uso dei libri di testo. Il primo esempio è quello del fascismo che, per togliere ogni libertà didattica al maestro, stabilì l’obbligo dell’adozione del testo unico di Stato per le scuole: conseguentemente l’opera del maestro non poteva essere più didatticamente libera, ma era costretta a seguire la linea educativa e didattica imposta dal libro di testo. Il secondo esempio, opposto al primo, è quello del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) di cui fecero parte due maestri assai noti: Albino Bernardini e Mario Lodi. Il primo è l’autore di “Le bacchette di Lula” e di “Un anno a Pietralata”; da quest’ultimo libro poi fu tratta la trama di uno sceneggiato in TV di gran successo col titolo di “Diario di un maestro”. Il secondo, Mario Lodi, è autore di diversi libri, fra cui il più famoso “Il paese sbagliato”. Questi maestri, in nome della loro libertà didattica e seguendo l’esempio del maestro francese Freinet, emarginarono l’impiego dei libri di testo e, per mezzo di tecniche tipografiche, suscitarono l’interesse degli alunni ad imparare e a produrre giornaletti di classe con i loro scritti. Conseguentemente ci fu una forte polemica sull’uso dei libri di testo in quanto ritenuti strumenti limitativi della libertà didattica. Oggi non più le tecniche tipografiche nella prospettiva dei maestri del MCE, ma gli strumenti di scrittura elettronica e la navigazione in internet permettono sicuramente agli insegnanti sviluppi didattici personalizzati per l’attuazione di lavori di grande efficacia educativa. Credo però che non siano ampi gli spazi operativi concessi alla loro libertà didattica, dovendo operare nei limiti del Progetto di Offerta Formativa d’Istituto. Negli ultimi decenni non c’è stata solo una recessione economica, c’è stata anche un’involuzione ideologico-politica, che mira a limare e a limitare i diritti conquistati dalle masse con le lotte nei decenni del dopoguerra. In nome di una pretesa maggiore efficienza, anche nella scuola da una parte si è proceduto ad assottigliare le risorse disponibili fino alla mancanza della carta igienica, dall’altra si sono stretti i controlli e irrigidite le norme che prima permettevano un maggiore respiro educativo ai maestri per le loro scelte nel quadro della loro libertà didattica. Nel solco di questa tendenza, la cosiddetta “Buona scuola” riduce sempre più la sfera di autonomia didattica del singolo insegnante fino a soffocarla. Perciò ritengo che non sia davvero una buona scuola quella che si prospetta per i prossimi anni. Luigi Filippetta Direttore didattico in pensione
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  IL MIO SUPPORTO:

  Caro Giggi, la tua puntuale analisi mi sembra carente di qualcosa che, volando tu ad altezza culturale, ha tralasciato ciò che, quelli come me (genitori di figli e nipoti scolari), vediamo molto terra terra: i libri di testo da qualche decennio a questa parte! Sono d'accordo sul fatto negativo del "sussidiario" della così detta EF(era fascista) quando, come ben ti ricordi, la data era scritta in numeri romani e doveva terminare, per esempio, con un "XIV EF" e fino alla terza elementare c'era un libro per tutti uguale poi dalla quarta c'era quello con i fasci ed il moschetto! Ciò era troppo limitante! Ma il fatto che da qualche decennio, addirittura, lo stesso livello di classe dello stesso plesso che abbia più sezioni usino testi diversificati, non la ritengo libertà d'insegnamento, bensì lotta di appalto vendite! Ed il fatto che, in alcuni casi, cambiando l'insegnante si cambi anche il libro di testo? Capisco che con i tempi che corrono (e corrono nel senso vero della parola) potrebbe essere diversificato un testo di geografia ma quello di matematica? E pensi che sia libertà d'insegnamento che in una famiglia dove due figli che frequentano la stessa scuola con un anno di differenza, il più piccolo non possa più usare, l'anno seguente, il testo del più grande? Mi sbaglierò, ma sembra tutto una rincorsa al commercio libero e non all'insegnamento libero. 

Mentre sono perfettamente d'accordo sul fatto che ormai la dirigenza della scuola è diventata uno scomparto di partitica; perché la politica, ormai, è rimasta mera illusione! 

Pierluigi