GRAMMURICO-
Come accennato, non ci risulta esista una grammatica del dialetto Moriconese; ché da buoni Sabini, nostro malgrado, lasciamo sempre "dittu pe' dittu!", come dice il proverbio.
Il proverbio cita : "Dittu pe' dittu nón ze 'mpicca gnisciunu!" vale a dire che se te lo dice un'altro può non essere valido.
Com'è noto, la fonetica del VDSA (Vocabolario dei Dialetti della Sabina e dell'Aquilano) convenzionalmente è: º per ó molto chiuse; ¦ prima di una consonante indica la sibilante sorda palatalizzata; 'z indica la zeta sonora.
Qua non rispetteremo le regole fonetiche del dialetto Aquilano-Sabino, poiché con la videoscrittura abbiamo la possibilità di segnare gli accenti così come si dovrebbero porre.
Cominciamo con l'alfabeto:
A a = a
À à= à (accentato) (183)
Ā ā= a lunga latina, viene sostituito con  â[182][131] oppure usare Ā/257 in linguaggio sorgente
B b= bbi
C c = ccì
D d = ddì
E e = e
È è= è (aperto come èra)[212]
É é = é (chiuso come céra) [144]
Ē ē = e lunga latina,viene sostituito con Ê[210]ê[136] oppure usare Ē/275 in linguaggio sorgente
F f = effe
G g = ggì
H h = acca
I i = i
Í ì = ì
L l= elle
M m= emme
N n= enne
O o= o
Ò ò = ò (aperto come cuòre) [227][149]
Ó ó = ó (chiuso come cónca) [224] [162]
Ō ō= o lunga latina, viene sostituito con Ô [226] ô[147] oppure usare Ō/333 in linguaggio sorgente
P p= pì
Q q= ccù
R r = erre
S s= esse
§ = sch (esse struciata [sch tedesco] come in scivolo) [245]
T t = ttì
U u = u
Ú ú = ù (come zulù, perù) [233][163]
V v = vvì
Z z= zeta (sempre sibilante)
§ si può usare quando la esse si trova davanti ad altre consonanti , tipico dei dialetti osco-sabini o umbro-marchigiani e suona come la sch tedesca, come la esse di sciabola, scena o sciupare.
La s quando è preceduta da r suona come una zeta o ts
I numeri tra parentesi quadre, corrispondono al carattere ASCII del linguaggio dei cumputers e si ottengono scrivendo i numeri sul tastierino, tenendo pigiato ALT.
Spiegazioni sulla pronuncia di alcuni suoni:
Le parole che in italiano terminano con la o, in moriconese terminano con la u .
vasu vaso
ditu dito
quadru quadro
Ci sono alcune parole che non seguono la regola, in generale tutte le parole di nuovo inserimento come cronometro, televisione, telefono, microbo, microscopio, atomico ecc.. ma anche oro, bòsco, scemo, porto ed altre.
Un rapporto strano tra lingua e dialetto, si riscontra nei nomi di località e di persona; non ci sembra che seguano una regola fissa:
Roma Milano Firenze Tivuli Subbiaco Napuli
Montopoli Empoli Muntilibretti Montecelio Santangilu
Angilu Franco Aldo Arberto Luigi Carmelo
Fernando Giuvanni Marianu
Umberto diventa 'Mberto Antonio diventa 'Ntonio
Enrico diventa Rico Angilu può diventare 'Ngilinu
ma, in linea di massima si pronunciano come in italiano.
gli si pronuncia di norma ji
Bottiglia buttija
Famiglia famija
Cosiglio cunsiju
Figlio fiju
in e im all'inizio di parola diventano 'n, 'm
inginocchiarsi 'nginocchiasse
impiegato 'mpiegatu
mb si trasforma in mm
Piombo piummu
ma quando si vuole parlare "civile" diventa mp *
Piombo Piompo
rinomata la frase di un noto pittore locale : "Ma nón cunusci Seba§tiano der Piompo"
nd si trasforma in nn
Candela cannela
Mandato mannatu
Quando quanno
così vale per il gerundio dei verbi:
essendo andati essenno iti
avendo avuto avenno avutu
nt in finale di parola diventa nd
Ottanta ottanda
Sessanta sessanda
Quanta quanda
* Il sabino quando parla "civile", quasi sempre, trasforma nd in nt, la d in t e la v davanti a e, i, in f
"sentimi un poco" diventa sendi un po'
classica la frase anfeti, muradò, nun lo conoschi er piompo?
(anvedi, muratò, nun lo conoschi er piombo?)
Una curiosità: un mio ex collega di lavoro, di Borgo Collefegato (RI) oggi Borgorosi, discutendo con un altro collega (Paolo Fiaschi) disse: Caro Fiaschi, te sei spaijato” “Caro Fiaschi, ti sei sbagliato “.
Una considerazione a parte va fatta per vócca bocca .
Se vocca è preceduta da n o m allora diventa mmócca
Es. no §torce 'a vócca ... e cchiudi 'ssà vócca .... e mìttite 'mmócca 'ssù pézz'e pa' ! oppure ssu pezzu de pà.
Il dialetto, infatti era il linguaggio usato dalle genti di campagna e dalle classi più umili, cristallizzato in zone circoscritte di spazio e di tempo e rimasto abbastanza uguale fino a 50/60 anni fa, quando, finito l'isolamento rurale, attraverso una sempre più rapida diffusione dei mezzi di comunicazione, sta scomparendo con la stessa velocità della diffusione di detti mezzi.