DA "NUI PARLEMO CUCÍ" VOCABOLARIO DEL DIALETTO MORICONESE
Carla e Pierluigi Camilli presentano
'A GRAMMATICA MURRICÓNESE
“I dialetti italiani sono un fatto unico nella storia culturale europea per la loro varietà, pari per interesse alla diversità dei paesaggi, dei monumenti, delle opere d’arte del nostro Paese, ma stanno scomparendo per la diffusione della lingua italiana ad opera della scuola, ma soprattutto dei mezzi di comunicazioni di massa”1
Purtroppo la loro scomparsa è il prezzo che si paga alla modernizzazione, ma fortunatamente, come affermava Orio Vergani alcuni decenni addietro: - … “In un paese come il nostro, dove sono estreme le differenze tra i linguaggi popolari e locali, tutti chiusi in una loro particolare ricchezza, nella cerchia che viene chiamata dei dialetti, esiste un patrimonio che discende dal passato e che si protende, in continue trasformazioni, verso l’avvenire, patrimonio di letture, di parlati, di proverbi, di sapienze, apparentemente sepolte, ma ancora vive, perché la lingua anche dei nostri vecchi vive e si filtra inconsapevolmente in noi”2 .
Ognuno di noi potrebbe far sua questa affermazione, soprattutto quelli che hanno avuto la fortuna di sentire realmente parlare, raccontare storie, sentenziare, ammonire in dialetto moriconese, questo dialetto che, come tutte le cose vive, conserva ancora oggi, pur molto diverso rispetto a quello della nostra infanzia, tutta la saggezza, la sagacia, la spontaneità del mondo contadino, in cui si è sviluppato e da dove ha attinto per secoli la linfa vitale. Prima dell’avvento della televisione, il dialetto era l’unica lingua parlata” Lingua madre”, contaminata soltanto marginalmente dall’italiano dotto. Prova ne è il fatto che, ancora oggi, quando in una rappresentazione dialettale, per esempio, si usano parole molto arcaiche, assolutamente inusitate nel dialetto corrente, i nativi ne comprendono per intuizione il senso esatto, cosa che non accade per i non nativi.
Con il Dizionario, per quanto incompleto e senza ambizioni scientifiche, abbiamo voluto fornire un’immagine della ricchezza di parole e di espressioni che caratterizzavano il dialetto della nostra infanzia, ossia quel patrimonio culturale che abbiamo ereditato dai nostri nonni, talvolta analfabeti, ma che conserva anche oggi una sua peculiarità, non solo nella cadenza (calata), nella intonazione, ma anche nel lessico, rispetto ai paesi limitrofi.
Certamente il dialetto moriconese conserva, sia nella struttura che nelle forme lessicali, un nocciolo profondo del latino “parlato”, più vicino al volgare italiano dei primi secoli, che all’italiano corrente, anzi potremmo affermare che in qualche modo ne rappresenta una fase intermedia, cristallizzata per secoli in uno spazio ben determinato. Questo non significa che sia rimasto invariato, perché, come tutte le lingue, sicuramente è cambiato nel corso del tempo, ma tali cambiamenti sono stati più lenti perché più lentamente sono cambiate le caratteristiche culturali della popolazione moriconese, che almeno fino a 60/70 anni fa per il 99% era dedita all’agricoltura e pochissimo scolarizzata.
ANALIZZIAMO ALCUNI ESEMPI: |
latino |
dialetto |
italiano |
|
|
|
Ventus |
véntu |
vènto |
Medicus |
médicu |
mèdico |
Surdus |
surdu |
sórdo |
Ovum |
óvu |
uovo |
Pèdem |
pède |
piede |
Bucca |
vócca3 |
bocca |
Potremmo continuare all'’infinito con questi esempi, e ne daremo ampio spazio in calce alle singole parole, qui basti questo accenno per comprendere che il dialetto, come ogni altra lingua, è un organismo vivente che cresce, si sviluppa, si trasforma, si arricchisce nel corso degli anni, per rispondere sempre meglio alle esigenze di chi la parla.
Tornando alla struttura del nostro dialetto possiamo affermare senza ombra di dubbio che mantiene essenzialmente la struttura flessiva del latino rispetto al genere: femminile /maschile, al numero: singolare/plurale nei sostantivi, aggettivi e pronomi, ma, come nell’italiano, gli aggettivi dimostrativi si sono trasformati in articoli determinativi, inesistenti nel latino. Il dialetto, come l’italiano, generalmente non ha conservato il genere neutro e la flessione dei casi latini, ossia le declinazioni, mentre ha mantenuto la flessione dei verbi sia rispetto ai modi che rispetto ai tempi e alle persone ossia quella che comunemente viene indicata come coniugazione, anche se talvolta incompleta. I verbi ausiliari sono ‘èsse’ e ‘avé’, mentre tutti gli altri verbi seguono le quattro coniugazioni latine, perché, a differenza di quanto succede in italiano in cui la seconda coniugazione in -ère raccoglie tutti i verbi della 2ª (-êre) e 3ª (-ire) coniugazione latina, nel moriconese essi si distinguono chiaramente i verbi che derivano dalla 2ª coniugazione latina hanno la é finale accentata: tené da tenére, mentre quelli derivanti dalla 3ª hanno la [e] finale atona, come ‘finge’ dal lat. fingere, ‘beve’ dal lat. bibere.
INFINITO PRESENTE |
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INFINITO PASSATO |
magnà |
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avé magnatu |
tené |
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avé tinutu |
béve |
|
avé bivutu / bitu |
partì |
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èsse partitu |
INDICATIVO |
PRESENTE |
PASSATO PROSS. |
IMPERFETTO |
TRAP. PROSS. |
magno |
hó magnatu |
magnava |
éa magnatu |
tèngo |
hó tinutu |
tenéa |
éa tinutu |
bévo |
hó bivutu / bitu |
bevea |
éa bivutu / bitu |
parto |
só paritu |
partea |
èra partitu |
PASSATO REMOTO |
TRAPESS. REMOTO |
FUTURO |
FUTURO ANTERIORE |
magnai |
ibbi magnatu |
magnarraio /magnarrò |
arraio magnatu |
tinni |
ibbi tinutu |
tenerraio |
arraio tinutu |
bivvi |
ibbi bivutu |
brverraio |
arraio bivutu |
partìi |
fui partitu |
partirraio |
sarraio partitu |
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CONGIUNTIVO |
CONDIZIONALE |
GERUNDIO |
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magnasse |
magnarria |
magnènno |
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tenesse |
tinirria |
tenènno |
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bevésse |
bivirria |
bevènno |
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partésse |
partirrìa |
partènno |
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Dalle ricerche fin qui condotte non ci risulta esista una grammatica del dialetto Moriconese; ché da buoni Sabini, nostro malgrado, lasciamo sempre ‘dittu pe' dittu!4,
come dice il proverbio; per questo motivo ci è sembrato utile, prima del Dizionario, inserire qualche annotazione grammaticale che aiuti a meglio comprendere ed utilizzare il Dizionario stesso.
NOTE
1Cf.: Tristano BOLELLI – Adriana ZEPPILLI BOLELLI, Dizionario dei dialetti d’Italia, supplemento a La Domenica del Corriere, 28 ott./19 nov.1983 , Rizzoli Editori, Milano 1983
2Cf.: Orio VERGANI, Prefazione alla 1^ ed. del Dizionario Grammaticale, a cura di Vincenzo CAPPELLINI, Ed. De Agostino, Novara 1990, p XI
3 in questo caso la [ v ] sostituisce la [ b ] come spesso accade nello spagnolo, dove non c’è differenziazione fonetica tra la labiale costrittiva spirante [ v ] e la labiale occlusiva [ b ].
4 Il proverbio cita : "Dittu pe' dittu nón ze 'mpicca gnisciunu!", vale a dire che se te lo dice un altro può non essere valido.