FuoriLinea4-
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Cari Radiomanzo ascoltatori, buona sera
Lara sittimana, parlènno de quello che me recordava der quarandatré, ho parlato dea Scalinata.
Non saccio quanti sa recordanu ma se jate verzu Montecitorio (e casi che stau appena cuminci a ppianà su peu Madamu, ddò bbita Pino Brocca pe capicce) e girete a mancina a ffiancu dea casa de Rosa o dea fija Alessandra Proietti, dellà dellortu, vicinu ae ficora dIndia, ci sta un rutaru: loco sotto, se guardete bè, se ntravidu ncora e scalette che dau ponticellu, ppiananu su, verzu u buttino de lacqua. Embè, quelle fino a che decennio fa, eranu ancora visibili i scalunitti regolari, come, appuntu, na scalinata; quella era a Scalinata. A che servea? Servea a frenà a corza dellacqua che dau cunnuttu che venea da Monte Gennaru, a sorgente de Casoli, morea nna Refota che mo chiamanu Giardinetto Azzurro e che de azzurru ndè proprio gnende! Anzi se vui regazzi de bona famija cuntinuerrete a icce e mantenete u casinu che ci sta mò, non o saccio come errà a finì. Pprufitto, se me permettete, de stu momentu, sperènno che staradio a sentu pure i bardasci che frequentanu a Refota; pertantu, comincio allncontrariu.
Dunque, ddo jate a fa casinu, ner senzo pijnu dea parola, ete da sapì che è statu un postu storicamente mbortante pé Murricó dar 1620 finu, gnacché, ai primi der 1800. Quella era a Refota ( e non Rifolta come gnorantemente a chiamanu certe perzone struite) e refota o rifota deriva da rifosso , ciovè rinforzo al fosso: defattu, era una cisterna de circa 300.000 litri dacqua che serveanu a fa macenà a prima mola po passava anna seconda Refota, più iò (a fiancu dea casa de Giose [Antonelli Lello]) e alimentava a seconda mola e via via finu a cinque mulini, che macenavanu ranu (grano), liva, e ranturcu (mais che da pocu era rrivatu in Europa dallAmerica Latina). E da tuttu u feudo e i faudi vicini veneanu a macenà a Murricó. Solu pe quesso, arremmo da mancu sputacce pe terra! Non esaggeremo! Però mbo più de riguardo larremmo da avé. Fine dea predica! e mo, alluritrusu, vedemo come passava lacqua. Una parentesi in lingua: dal momento che credo sia già molto poetico ricordare questo percorso, questa sera vi risparmio lo strazio di una poesia! Dó erèmmo remasti? Ah, da a Refota, da quella bocchetta coa grata che se vede verzu via del Condotto (il nome dice tutto) e che perzonarmente riuscì a faje conzervà che cosa de anticu, quanno ggiustèmmo (sarria mejo dì finitu de sfascià, a robba antica); da quella bocchetta scappava lacqua che venea da a condotta sotterranea che alimentava un fontanile che stea ddo sta mo u distributore dea benzina ( fontanile che dal 1864, me pare, è diventatu U Mascaró) e a quellardezza, ci stea una presa che facea pija a spenta pe alimentà u Palazzu der Principe a Colle Palazzu; da loco, proseguea girènno verzu mancina pe ì su ppe a montagna e parimu [natu ner 1899] se recordava u cunnuttu, finu loco, a cieli apertu, ( io parlo deu cunnuttu, è chiaru che lacqua correa da a Scalinata verzu a Refota) come émo ittu, lacqua venea da Monte Gennaru e ttraverava tuttu i Madamu e nnà strada che passa vicinu a Torretta, a certi punti ancora se vede u cunnuttu de mattuni.
A Torretta ( che da monellu io me penzava fosse a nostra, perché u lotto ddo sta era u nostru, che mamma céa fattu a cambio cou compare Pasquarèlli e jea datu Colle Mortalitu, stea troppu lontanu pe nui che nce tenèmmo e béstie!) a Torretta, dicea, era u livello massimu che u cunnuttu potea rrivà; praticamente è u livèllo dea sorgente. Ve lasso mmagginà a velocità che pijava quanno da u livello dea strada calava ió verzu Murricó; a Scalinata servea a frenà a corza dellacqua. Io me recodo ancora un pezzu de cunnuttu che passava drento un muru da vicinu au ponte dea Scalinata finu a dó sta mo a Pizzeria de Zi Teresa. E siccome semo rerrivati nnu Cancellu de Verginia, cioè au cunfinu co via Corneto, potemo fa che basta, pe massera! Però prima de salutavve, vurria aggiuncece un pezzu che Giggi scrisse e precisamente questo:
LA MEMORIA CHE SI PERDE
Con le generazioni del passato si sono perdute molte cose e la comunità moriconese è diventata più povera culturalmente; ma non è detto che non abbia perduto anche prospettive di un migliore sviluppo economico. Basti pensare al caso della villa in cui è collocato il cimitero,all'ipotesi di ritrovamenti archeologici nel territorio e al caso dell'acqua di Casoli. La villa romana forse è stata utilizzata come cimitero a seguito della legge sanitaria del 1888,che vietò le sepolture all'interno delle chiese ed obbligò l'apertura di cimiteri civili fuori dagli abitati.
E' ormai del tutto inutile condannare gli amministratori e i cittadini di quel tempo per non aver preservato la villa quale reperto così notevole da dare uno sbocco del tutto diverso allo sviluppo del paese. Eppure essi dovevano ben sapere l'importanza di quelle rovine,se si può supporre che i Borghese vi possano aver trovato più di un reperto per il loro museo; come sapevano certamente delle visite frequenti di personalità straniere,che scendevano all'interno dei sotterranei: mio padre mi parlava anche di una visita del re di Svezia o Danimarca,forse avvenuta nei primi anni del Novecento.
D'altra parte ormai non ce la possiamo pigliare con quelli che determinarono o permisero la vendita dell'acqua di Casoli (se appartenente a Moricone) col conseguente abbandono "d'u cunnuttu e d'e refote"; se pensiamo alla perdita in termini economici c'è da restare allibiti.
Neanche possiamo prendercela ormai con chi,forse avendo rinvenuti reperti archeologici,specialmente con gli scassi nel dopoguerra,se ne sarà disfatto per quattro soldi pensando d'aver fatto un affare: l'egoismo dei singoli è un dato di fatto cui bisogna rassegnarsi.
La colpa maggiore della nostra comunità è invece quella della perdita della memoria storica, specialmente da quando molti hanno frequentato le scuole superiori ,con cui hanno acquisito gli strumenti culturali per la coscienza di appartenenza alla nostra comunità nativa,strumenti e coscienza che le precedenti generazioni non avevano. La memoria delle cose attinenti alla villa romana;la memoria "d'u cunnuttu" che rappresentò una delle prime opere,se non la prima in campo nazionale,della rivoluzione industriale applicata all'agricoltura; la memoria delle cose notevoli del paese,cioè della storia della confraternita,di quella dell'università agraria,ecc; la memoria delle persone notevoli,come Suor Colomba,Ludovico Prosseda, Raniero Aureli, Stanislao Aureli, Giannandrea De Vecchis ed anche Giacomino Morelli e Renato Nicolai.
Buona notte a tutti.