Capitolo XXXII-

Capitolo XXXII

Luigi Massari  - VITA DELLA SERVA DI DIO

 Sr. COLOMBA DI GESÙ

DA MORICONE 

 a cura di Pierluigi Camilli

CAPITOLO XXXII

DEL SUO GRANDE AFFETTO PER IL SS.MO SACRAMENTO DELL'ALTARE E | DEI FAVORI DA QUESTO RICEVUTI.



Se tutte narrar io volessi in questo Capitolo e le ardenti brame, e gli affetti di Sr. Colomba di Gesù, e gli innumerevoli e sorprendenti favori e doni ricevuti dal Sacramentato suo Sposo, bisognerebbe scrivessi un volume che eccederebbe poi i limiti  ch'io mi prefissi, mi restringerò a raccontare le grazie e i favori principali, avendo già altri notificati nello scorrere di questa storia. Rammenterassi perciò chi legge addietro quanto fosse ardente il desiderio di Paola ancora fanciulla di comunicarsi al suo Signore, quali fossero le angeliche disposizioni, quali gli sfoghi e slanci d'amore, già ricevutolo dentro il suo petto, e quali e quanti i favori che volle parteciparle nella prima sua Comunione. Rammenterassi come quale sitibonda cervetta [ndr. cerbiatta] che corre a dissetarsi ad un ruscello di fresche acque e limpidissime, ad ogni istante se ne corresse alla Chiesa per conversare col diletto suo Sacramentato Signore, e come nella casa dello zio Arciprete ad ogni ora, o meglio ad ogn'istante si affacciasse ad un piccolo finestrino di una camera donde vedeasi l'altare del SS.mo Sacramento, e come dessa con infuocati sospiri, con  ardenti desideri gli si comunicasse spiritualmente con immenso giubilo dell'anima sua. Era bello il vederla come mai avrebbe abbandonato quel finestrino, e come ritiratasi, si riaffacciasse di nuovo con sospiri mai sazia di staccare gli occhi dal Sacro Ciborio. Era bello il vederla come appena giunta in Chiesa o sola o fra la moltitudine fissasse gli occhi sul Tabernacolo e così procedesse fino avanti l'altare, senza accorgersi o           delle persone o delle sedie in cui stava paga solo d'intendere l'anima sua la dove sapeva essere il suo diletto, e come costretta ad uscire di Chiesa si riaffacciasse di nuovo col capo sulla porta della Chiesa e là con nuovi affetti con nuovi sospiri staccarsi di poi dal suo Signore: chi l'avesse veduta astratta, raccolta in se stessa e senza avvertire gli oggetti circostanti, avrebbe rilevato essere dessa partita di Chiesa col solo corpo, e l’anima sua ed il suo cuore starsene ancora appié dell'Altare del suo Sacramentato Diletto: chi l'avesse veduta infine in atto di adorare il SS.mo Sacramento, avrebbe detto essere un Serafino che rendeva omaggio al suo Creatore. Se tali e tanti dunque erano gli affetti e le belle disposizioni di Paola in età di fanciulla e giovane, non è a dirsi quali, e quanti in età adulta e da Religiosa! Perciò si compiacque il Signore favorirla di molti  doni e grazie che ora imprenderemo a narrare, ma i principali; perché, ripeto, troppo lungo sarebbe il dire nei ristretti limiti di un Capitolo.

Ed in primo premettendo l'apparecchio che solea praticare avanti di comunicarsi, conoscendosi ella incapace, offeriva il suo cuore alla Vergine Immacolata e le chiedeva il suo, facendo così uno scambio per ricevere degnamente il SS.mo Sacramento in un cuore terso e senza macchia, e ne ricavava poi tanta dolcezza e gaudio che in se non capiva. Sentivasi più volte replicare dal perché sapeva Sr. Colomba che quando si comunicava Maria non si riconsumavano le specie sacramentali fino alla nuova Comunione, così spendeva tutta la giornata in atti di adorazione, di umiltà di petizioni e di ringraziamenti, abbenché si esercitasse ne' suoi uffici, sicura che in lei pure non si consumassero le Specie, perché teneva in suo petto il cuore di Maria, conoscendolo appieno dalle compiacenze e dal gaudio insolito che sentiva in se.  Tale apparecchio poi solea insegnare alle sue monache, le quali praticandolo, riconoscevano più grande il frutto che ricavavano  dalle loro Comunioni. Con tale disposizione non è da meravigliarsi se il Signore la favorisse col farsi a lei vedere sotto vari  aspetti, pensando una mattina, dopo di essersi comunicata, che nell'atto che il Sacerdote consacra, scende Gesù dal cielo a per-mutare in sua Carne e Sangue le Speci che gli sono offerte sull'Altare, vide d'improvviso distaccarsi la volta della Chiesa e scendere un vezzoso bambinello, che adagiatosi sul corporale sta vasi afflitto, e quando il Sacerdote lo maneggiava, si divincolava con atti che indicavano soffrire nell'essere da quello toccato, e nell'atto poi che il Sacerdote si comunicò, vide il bambino fare grandi sforzi per non entrare nella di lui bocca, e sparire    dalle di lui mani. Stupefatta Sr. Colomba a tal vista, il    giorno dopo, mentre si era già comunicata, chiese al Signore che le  stava in seno, cosa significasse quanto avea di lui veduto nella mattina antecedente, e sentì una interiore voce che le disse, soffrir Egli molto quando resta tocco da mani impure, e molto più  schifare di comunicarsi ad impure anime, e diede ancora a conoscere      i difetti di      quel prete, abbenché sembrasse tanto puro e modesto. Non sapeva     essa come fare noto a lui il caso veduto;           in bella guisa dicendogli aver essa letto in un libro quanto desiderava notificargli, se ne accorse quegli, che prorompendo in dirottissimo pianto, si emendò da quell'istante, e rivedendo Sr. Colomba il solito bambino in atto che egli celebrava, non più mortificato, ma in atto ilare lo vide, ed entrare con festa nella bocca del medesimo Sacerdote. Essendole un'altra volta stata proibita per tre giorni continui la Santa Comunione dal Confessore per mortificarla, volentieri ella si rassegnò, umiliandosi con dire, di essere immeritevole, ma tanto soffrì, tanto penò, che concessale poi nel quarto giorno, le si fece vedere un vezzoso bambinello nella sacra particola, il quale prima d'entrare nella di lei bocca, dalle mani del Sacerdote l'accarezzò, premiandola così della di lei umiltà e santa rassegnazione.

Un'altra volta avendo letto un: libro, le si affaciarono certi difetti che scrupolosamente credeasi averli tutti commessi ed angustiata perciò, non sapea se dovesse comunicarsi senza prima con-fessarli* Pregata una sua Monaca perché avvertisse il Confessore, le mandò questi a dire che se non avesse peccati mortali, si fosse pur accostata alla Sacra Mensa, ma siccome mortali se li credea, non volendo scandalizzare la sorella Monaca, non sapea che fare; pregato pertanto il Signore la illuminasse, sentissi ispirata comunicarsi, ed essere quegli scrupoli. Accostatasi alla balaustra mezza angustiata, ecco che sull'altare vede la Vergine col suo Divin Figlio fra le braccia il quale sorridendole così le disse: Sr. Colomba, appressati pure a ricevermi e non temere, poiché sono maligne suggestioni del demonio per intiepidirti con le angustie, e per renderti infruttuose le mie comunioni; ed in atto che le fu offerta la Sacra Particola dal Sacerdote, vide protenderle quel bambino le braccia, e staccandosi dalla Madre entrare nella di lei bocca, con infinito giubilo della di lei anima.

Dovendo per obedienza dire al Confessore, quantunque sentisse ripugnanza, tutte queste visioni e favori, l'avvertì egli non essere Gesù quello in figura di bambino, ma il demonio per farla cadere in vanagloria e superbia, perciò le disse che se altre volte l'avesse veduto, l'avesse cacciato via con dirgli: vattene che sei il demonio,  facendosi il segno della Croce.  Abbrividì essa in udir queste parole, ma promise di ciò fare; quand'ecco una mattina comunicandosi vide sulle mani del Sacerdote, invece della Sacra Particola un leggiadro bambinello tutto festoso sorridente: mirollo con occhio timido e dicendogli sotto voce: vattene che sei il demonio, e facendosi il segno di Croce, lo vide tutto affliggersi ed esclamare:  no, Colomba, mia diletta, t’inganni; io sono Dio: vivo e vero, Uno e Trino, sono il tuo Sposo, m’accogli pure nel tuo petto. All'udir essa quelle parole: Dio vero, Uno e  Trino, parole tanto spaventevoli al demonio ed impossibili a pronunziarsi dalla di lui sozza lingua, proruppe in dirottissimo pianto e chiedendogli perdono dell'ingiuria dettagli, aprì la bocca e lo ricevè festoso di nuovo e giocondo. Entrato nel suo petto sentì ripetersi: di' al tuo Confessore che s’inganna, e tu mi abbi sempre per il tuo Sposo Gesù ogni qualvolta mi vedrai. Manifestò ella al Confessore quanto avea detto,            e credendo egli dappoi, l’avvertì che almeno, ogni volta l’avesse veduto, pronunziasse ella queste parole: Verbum caro factum est, che se fosse inganno del demonio, come potrebbe avvenirle, sarebbe fuggito all'istante. Così praticò ella in avvenire, ne' mai le fu dato scorgere illusione diabolica, come lasciò scritto.

Essendo andata un'altra mattina alla balaustra per comunicarsi fra altre monache, mentre il Confessore, per mortificarla, la passò senza darle la particola, la vide scuotersi e sollevarsi alquanto da terra, e andatasi poi a confessare il giorno seguente, le chiese egli perché avesse fatto quel movimento nell'atto che passò senza comunicarla, a cui ella: vidi in quell'istante un bambinello che se ne stava a sedere sull’orlo della Sacra Pisside, il quale protendendomi ambo le braccia, e sorridendomi con mille vezzi, mi attrasse alquanto a se, ed incontrandomi egli, lo vidi entrar nella mia bocca dandomi a sentire un gaudio di Paradiso.  Uditala il Confessore, pianse di tenerezza, ne mai più privolla della Santissima Comunione in quel modo inaspettato, se non avvisandola prima non volerla egli comunicare in quel giorno, sicuro che , da tali privazioni era ella per approfittarsi viepiù nell'ardente carità verso il suo Sposo Gesù.

Molte volte, quando le era apparso il Bambino Gesù nell'atto di comunicarsi, se lo vedeva di poi accanto in Chiesa, e seguendola ancora la accompagnava e pei corridoi e per tutto il Ritiro e per la sua cella, assidendosi prossimo a lei vicino nel Refettorio, non abbandonandola per l'intero giorno, e facendole godere dolcezze di Paradiso.  Ebbe ella a raccontare che per tre giorni continui stette con lei un grazioso fanciullo di volto il più amabile e vestito di una tonachina cinericcia, che scherzando con lei e sorridendole, la invitava a pigliarlo per mano e condurlo per casa e talora farlo correre con lei. Essa allora come impazzita di amore divino lo sollevava da terra e stringendolo fra le braccia al petto lo copriva di baci, e ne aveva da lui in cambio altrettanti abbracciamenti e mille carezze. Questo fanciullo se lo vide accanto un giorno che si era comunicata, e, come dissi, se ne stette tre giorni continui seguendola dovunque: corriamo, Colomba mia, le diceva egli con un sorriso da Angelo, ed essa prendendolo per mano, correvano ambidue per la cella da un angolo all'altro, e finita la corsa: Amore mio gli diceva essa, mia amante le rispondeva egli: Mio Sposo, ella: Sposa mia, egli, Io ti amo, a lui; io ti bramo, a lei; e terminato questo dire, coll'aggiunta di mille abbracci, di mille scambievoli baci, di mille sorrisi, correvano di nuovo, per ripetere gli stessi detti, le stesse carezze, gli stessi sorrisi. Mentr'essa poi attendeva a fare la  scuola e spiegare la dottrina alle fanciulle, si metteva il fanciullino tutto giocoso dietro a una di quelle, ed imitando le gesta di Sr. Colomba che praticava in ispiegare i misteri, terminavano ambidue con dolci sorrisi, senza che sapessero le scolare a che era inteso il ridere della loro Maestre. Molti altri simili fatti potrebbesi narrare, ma bastino questi, per non dilungarmi troppo ed oltrepassare i limiti di un Capitol