Capitolo XXXI-

Capitolo XXXI

Luigi Massari  - VITA DELLA SERVA DI DIO

 Sr. COLOMBA DI GESÙ

DA MORICONE 

 a cura di Pierluigi Camilli

CAPITOLO XXXI

                    VIRTÙ' TEOLOGALI E CARDINALI POSSEDUTE DA SR. COLOMBA                     IN GRADO EROICO..




La virtù teologale della "Fede" che infusa venne in Sr. Colomba per le acque rigeneranti del Sacr. del Battesimo, mettendo in lei profonde radici, fu fin da fanciulla oggetto di ammirazione a quanti la conobbero. Riflesso in sua mente che ogni sua  azione od omissione, ogni suo pensiero e brama, ogni suo progetto ed affetto dovea essere misurato sulla giusta bilancia dell'Eterno Giudice, fin dalla più tenera età misurò scrupolosamente e pensieri, e parole, ed atti.  

Non occorre qui ripetere quanto si disse nei Capitoli di questo libro, per dir quanta attenzione mettesse per cumular virtù, per fuggir occasioni pericolose, per abbandonare il corrotto secolo, e fabbricarsi una cella per vivere romita in religioso silenzio al cospetto di Dio. Giunta poi al momento di vedere in atto quanto desiderò mai sempre, d'aver fondato cioè un Sacro Ritiro di vergini, al lume della viva Fede, oh quanto le si avvivò!

In settant'anni di Religione, ed in cinquanta di ritiratezza, mai  operò cosa alcuna che non l'avesse posta sotto il vessillo della Fede. In ogni sua necessità, in ogni occorrenza, in ogni tramaglio,  ricorreva subito a Dio certa di ottenere successo, e quando che no, si rassegnava non voler Egli a miglior beneplacito. Leggasi come fondò e restaurò  il Sacro Ritiro: povera, abbandonata, derelitta da tutti si portò al Sacro Asilo,  e ricca solo di un Crocifisso, colla preghiera in mano e sul cuore ottenne fiduciosa quanto le abbisognò. Abbisognandole e calce e mattoni, e vettovaglie ed  ogni altro occorrente, al Crocifisso con viva Fede ricorreva, ed il tutto otteneva: nelle avversità, nelle contradizioni, nelle infermità, il Crocifisso supplicava con Fede, ed in tutto era trionfatrice. Nelle occorrenze delle Festività e dei Misteri, con tanta certezza li contemplava e meditava, che bene spesso le era  dato sentirli intimamente, e vederli, premiandola còsi con doni e favori il Celeste suo Sposo. Oh le lagrime, i sospiri, i singulti al riflettere che tanti uomini vivono nella cecità e privi del lume della fede! quante preghiere, quanti desideri d'illuminarli! -Perché non son nata io uomo- esclamava -che volerei all'istante , per predicar loro questa santissima fede!-

Quanti rendimenti di grazie a Dio per averla fatta nascere ed educare in grembo di questa nostra Religione Santissima, per averla levata dal corrotto secolo, e accolta all'asilo di un Sacro Ritiro! Leggendo la vita dei Santi Martiri, in sentire il sangue che avevano sparso per confessare la fede di Cristo, sentivasi punta di santa invidia, desiderosa essa pure di morire a santa difesa, ne avendo altro che ad offrire, donava al Signore l'ardente sua brama. Viva dunque ed operosa fu la fede in Sr. Colomba.

Quanta poi non fu la sua Speranza di conseguire il premio delle sue mortificazioni e dei suoi digiuni, delle sue fatiche pel prossimo! -Oh Celeste Patria- esclamava - verrà pur giorno ch'io ti abiterò!- Bisognerebbe leggere molti suoi scritti per conoscere quant'ella s'i                  mpegnasse a dipingere il disprezzo delle cose terreni e dei vani appetiti, ed alzare grido essere questi che impediscono il cammino per la strada che conduce al vero godimento che sta nei Cieli. Volgendo pertanto ogni sua cura al conseguimento della eterna felicità, dolce e soave le riusciva ogni patire e stento, ogni umiliazione e mortificazione, ogni travaglio ed angustia.  -Che sono questi- solea dire -quando son certa di godere un giorno?-. Bramava sollecito questo gaudio, ma pur desiderava più lungamente vivere, pregando il Signore le avesse dati i mezzi per buscarselo. Diceva sovente che l'anima che smania pei beni transitori della terra, non si avvede che resta povera e di terra, ma l'anima che ama e brama il suo vero bene, che solo è Dio, gode tranquilla pace e serenità nel patire, sicura dell'eterno suo riposo nel seno di Dio in cielo. Per le sue indisposizioni fisiche le erano state vietate e flagellazioni e cilizi e digiuni, ed essendo in età avanzata diceva: -Ma Gesù, io sono vicina a godervi e questo godimento come me lo guadagno? Io non posso far più cosa meritoria- sentiva allora una voce che le diceva: «Desiderar patire e non potere, è maggiormente patire». Così grande era in lei la speranza di ottenere, quan to o di spirituale o           di temporale chiedeva a Dio, e pregandolo con molta fede, di cui là speranza non è che un ramo, raccontava poi non aver mai chiesto grazie a Dio particolari, che o tardi ottenute non l’avesse,  e quando no,  le era dato non tardi vedeva un miglior  effetto.  Di ciò molto si     disse nel racconto   della sua vita.

Che dirò poi della Carità sua verso Dio? Tutto ciò che si è detto non è che un eroismo di amore.. Mille tormenti, mille angustie, mille dolori, mille morti non l’avrebbero spaventata quanto l’ombra sola    di un peccato abbenché veniale per non offendere un Dio così       buono; ed in ogni sua preghiera caldamente supplicavalo che mai avesse permesso in lei colpa abbenché leggerissima. Quante lagrime, quanto dolore in sentire come dalle genti si peccasse e si oltraggiasse una Bontà così infinita! Bramava spargere tutto il suo sangue, se fosse abbisognato, per ammaestrare i popoli ché non avessero più offeso Iddio e lo conoscessero ed amassero. A che mai era intesa la sua scuola di Carità che fin da giovanetta avea intrapresa, se non perché imparassero le zitelle a conoscere Dio ed amarlo e servirlo! a che intesa la fondazione di un Sacro Ritiro di Vergini se non se e per allora e per molti secoli da quelle si coltivassero le virtù, si amasse Dio e volle che esse echeggiassero inni di laudi e di benedizioni alla infinita Bontà Divina? A che erano intese quelle sue conferenze ed in Moricone, ed in altri paesi e Monasteri, se non per correggere il vizio, per insegnare la virtù, se non per amare Iddio? Ogni sua azione, ogni suo gesto, ogni suo dire era inteso a far conoscere Dio e far temere Dio, a far amare Dio e di un amore che a Lui solo si deve da ogni creatura: ogni sua contemplazione, ogni suo pensiero era fisso sempre nell’immenso mare di tutte le perfezioni di Dio.  Stavasi immobile le ore -ed ore continue ed astratta, ed il suo cuore intanto le palpitava in petto, i deliqui la prostravano a terra, le lagrime la inondavano. - Oh amore- esclamava - non conosciuto, oh amore non amato!-  Prostrata avanti il SS.mo Sacramento dell’altare colle pupille immote e fisse al Sacro Tabernacolo, emulava i più ardenti Serafini, e di raggi più volte fu veduta inondata la faccia, accesa del più fervido amore: nei suoi lavori, nelle sue fatiche, ne’ suoi viaggi, nel suo trattare o colle monache o co' secolari avea sempre Dio presente, e a tutti lo ricordava, e smaniosa interrompendo e discorsi e conversazioni e lavori, correva al suoDio e là sfogavasi con Lui, e in Lui si deliziava; era insomma una sitibonda cervetta (NdR: cerbiatta) che mandava lamenti e gemiti, finché non fosse giunta alla fonte di grazie e di lumi per dissetarsi o avanti il SS.mo Sacramento, o appiè dello Sposo suo Crocifisso. Dio infine era l'argomento di ogni suo dire, e conversando non ispendeva il tempo che parlando con Dio, o di Dio, o per Iddio, ed ardea si allora il volto di amorosa fiamma che innamora ed edificava quanti la vedevano. Sin da fanciulla, si disse che mirando o uni fiore od un animaletto, od un frutto, lo contemplava con stupore, e conoscendo fin d'allora, che per sapiente che fosse stato un uomo, mai sarebbe riuscito a farlo, volgendo gli occhi al cielo, e mettendo conserte le manine: oh la bella cosa, esclamava,  ha fatta il Signore, bisogna pure sia buono e sapiente! Se poi gustava il frutto: -Quanto è amoroso Dio-  diceva - anche questo ha voluto darmi oltre tanti cibi necessari alla vita! Questo è uni regalo di più! Oh, bisogna sia molto buono!-  Mirava il cielo? -Se tanto bella- diceva -è la volta di fuori, bisogna sia molto più bella e vaga di dentro dove sta Dio!-  Dio, insomma, per tutta la sua vita fu il solo ed unico argomento dei suoi pensieri, de' suoi discorsi, dei suoi affetti.

Cosa poi è a dirsi del suo amore verso il prossimo? Chi ha letto questo libro, è d’uopo dire essere stata da Dio creata questa eroina di carità, per ammaestrare e soccorrere i popoli, e nelle cose di spirito e nelle cose di tempo. Fin da fanciulla raccoglieva le sue piccole coetanee e portandole appiè del suo (Crocifisso) altarino di casa, spiegava loro, per quanto le era dato conoscere e sapere di Dio, i misteri di nostra santa fede, le orazioni vocali, inculcava loro la obedienza ai genitori, le opere di pietà, l’attenzione ai lavori che venivano loro insegnati, esortandole a fuggire il male e seguire il bene. Più cresciuta, approfondiva il suo dire secondo l'incremento di capacità e le istruzioni ricevute, e tutte persuadeva, tutte edificava, tutte traeva dalla via del vizio, a quella della virtù, non colle esortazioni sole, ma col suo buon esempio, per cui da tutte veniva ammirata e amata, e seguita. Presentandosi qualche poverello alla porta di casa, correva alla Madre per chiedere essa per lui la elemosina, ed ottenutala, tutta allegra se gli ritornava, facendogli, dire le orazioni vocali, poi interrogandolo sulle cose principali della dottrina Cristiana, gli spiegava il significato o le insegnava, se quegli non le sapeva, e dicendogli infine: -Beato voi che nella vostra povertà, figurate in terra Gesù Cristo povero- e partendo poi il poverello soccorso e nello spirito e nel temporale bisogno, lo seguiva essa coll’occhio fissamente, in se dicendo: - Chi sa non sia veramente il Cristo!-  Con quelli poi vestiti da pellegrini usava mille finezze, l’intratteneva in devoti discorsi, si faceva raccontare dei luoghi santi o Santuari veduti, bramava qualche coserella di devozione, e gli elargiva poi di più copiosa elemosina, perché più bisognosi e lontani da parenti, amici e Patria. Se sapeva, più grandicella, che in qualche casa si offendesse Dio, o che qualche giovanetta fosse traviata o men che onesta ed obbedìente,  sospirava il modo e lo studiava per introdursi in casa, ed abboccarsi secolei anche dovunque, e riuscendovi poi con qualche pretesto, in seguito di discorso, terminava con buoni suggerimenti ed esortazioni.  Sapendo che qualche persona giacevasi a letto inferma, v’accorreva, e se poteva, la soccorreva di qualche elemosina, le rifaceva il letto, puliva la camera, la esortava alla pazienza, la disponeva ai Sacramenti, ed al passaggio all'altra vita, facendole conoscere il premio che di la stava preparato ai giusti, e le pene ai peccatori. Ogni volta poi si doveva portare il SS.mo Viatico, era essa che puliva la camera, il letto, che scopava le scale e anche la strada, che faceva l'altarino ove posarsi il Sacramento, facendo risplendere in qualche camera la pulizia e la decenza. Nella sua vita secolare furono incessanti queste sue sollecitudini di cristiana carità, come già si disse nei capitola scorsi. Che dirò poi allorché chiusa nel Sacro suo Ritiro, infermavasi qualche Religiosa sia nello spirito sia nel corpo? Non l'abbandonava fino a tanto che non la vedeva corretta; come tenera Madre intorno ad una sua cara figlioletta cercava di farle conoscere la tiepidezza nell'osservanza della Regola, e come venisse ad offendere Dio, ricordandole perciò il giuramento dato nella professione dei voti alla presenza della Corte celeste e degli uomini ancora, e la consolava se afflitta, esortandola a ricorrere alla gran Madre di Dio Consolatrice degli afflitti tutti, ed a tollerare con pazienza, avvertendola che le tribolazioni sono carezze del Signore per esperimentarsi nella pazienza e rassegnazione e per darci meriti. Accadeva perciò che tutti si consolavano, sentendosi mitigati i patimenti di spirito o del tutto svaniti.

Se poi avveniva che s'infermassero di corpo, e notte e giorno non le abbandonava, rifacendo loro i letti, somministrando le medicine rispettando le ordinazioni del medico, che attentamente lo seguiva nella visita che faceva alle inferme: somministrava loro colle proprie mani e brodi e ristori, s'abbassava ai più vili uffici, spargeva di fiori e letto e camera, era infermiera tutta bontà, era tutta a tutte. Faceva preghiere, e facevale praticare dalle altre religiose, perché si degnasse il Signore ridonar alle inferme la salute, sempre però se fosse stata di maggior bene all'anima di quelle, e vedendole poi risanate, non tralasciava parlar loro della bontà di Dio, e del dovere di ringraziarlo, ed esortandole a prendere quelle malattie come doni del Signore che mandava per arricchire l'anima di meriti, sempreché fossero prese dalla di Lui mano, e tollerate con santa pazienza e rassegnazione. Molti fatti si potrebbero narrare in particolare, circa la bontà praticata da Sr. Colomba a' suoi prossimi tanto in sollievo dello spirito che del corpo, e si da secolare e si da Religiosa, ma basta averli accennati in generale, tanto più che parecchi simili a quelli che si potrebbero narrare, sono già stati riferiti nel corso di questa storia. Aggiungasi solo che essa ardeva di santa carità ancora inverso il suo prossimo già defunto, cercando di sollevarle dalle pene tormentosissime del Purgatorio. Per questo più volte al giorno pregava il Signore nell’esercizio , dell’impiego per casa e nella Chiesa, facendo Via Crucis, applicando Comunioni, acquistando indulgenze ed offrendone il lucro alle purganti anime.  Per questo prossimo era tenerissima, e ideando quanto atroci dovevano essere le pene che quelle soffrivano si di danno che di senso, non istancavasi di continuamente pregare e far pregare le sue Religiose, scrivendo capitoli appositamente ed inserendoli nelle Regole, come si vedono osservati presentemente dalle Monache, dopo un Secolo dalla fondazione del Ritiro, ed io ne son testimonio, frequentando spesso la loro i Chiesa, dove le odo dedicare in sollievo delle anime purganti ed uffici, e Via Crucis, e molte altre quotidiane preci, memori ed  imitatrici perfettissime della loro Madre e Fondatrice.

In quanto poi alle virtù Cardinali, fu ella prudente, giusta, temperante e forte in grado eroico, poiché in riguardo alla prudenza per se stessa, ma deliberò cosa alcuna di fare e sì circa lo spirito e sì circa il tempo, che prima non ne assoggettasse il proprio pensiero ai Superiori. Fu prudente a non credere sollecitamente, a quanto avea ed in visione od a voce, se non di poi comunicata per obedienza al suo Confessore, di cui sentendone il  parere, a lui credeva più  che alle cose vedute ed udite. Nella fondazione del Ritiro, non avrebbe fatto cosa alcuna di ristauro, e di Regola e di provvigione, se approvate non era no le cose o dal Confessore e dai Superiori. In riguardo alla prudenza relativa agli altri, se doveva correggere o riprendere, prendeva le opportune circostanze di luogo e di tempo e di persona, e praticava la sua correzione ed ammonizione con tanta prudenza, che in vita sua, sì  espresse, mai ebbe perciò cattive risposte, o sgarbo, o insulto, ma tutti convincendo con dolci parole e saggi avvisi, restavano edificati del di lei bel contegno, abbandonando il vizio e seguendo la virtù, di modo tale era ricercata da persone forestiere partendo da lontani paesi per conferire secolei e cominciare le esperienze loro con grande soddisfazione.

In quanto alla Giustizia, abbenché pochi affari ella tenesse, se non altro dovendo ristaurare il suo Ritiro e far praticare lavori, a tutti dava la giusta mercede, scrupolosissima anzi "usque ad ultimum quadrantem".  Tributava rispetto, amore e riverenza ai Superiori, ne mai, ebbe a dire in fine di vita, avere in ciò mancato ai prossimi ed in ispecie alle sue monache [tributò mai compassione nei loro travagli, sempre  rispetto ed affabilità,][1]  benedizioni a chi l'avesse offesa, gratitudine e preghiera a chi la beneficava, memore sempre dei benefici ricevuti, dando in ricambio consolazione agli afflitti, visite agli infermi e consigli ai dubbiosi.

Circa la Temperanza non solo nutrivasi senza eccedere ai limiti del bisogno, ma digiunando spessissimo, sottraeva la massima parte del cibo e bevanda, e concedeva allo stanco suo corpo brevissimo tempo di sonno, passandosela quasi l'intera notte in vigilanti preghiere od in camera od in Chiesa, (allorché fu fabbricata dentro il Ritiro) sollevando invece del corpo, lo spirito o avanti al SS.mo Sacramento, od appiè del suo Crocifisso, e quel poco cibo e bevanda che era costretta assumere per sostenere il corpo, se lo rendeva disgustoso o con cenere o con erbe amare, dandone l'altra parte, prima sottratta, ai poverelli che accorrevano alla porta del suo Ritiro di modo che se molte elemosine spontanee massime nei primi anni dalla fondazione, entravano in quel Sacro Asilo, molto ancora ne sortivano e gran parte negate alla propria bocca.

E rispetto alla Fortezza, quarta ed ultima virtù Cardinale, ferma e costante tollerava ogni disagio sì di spirito che di corpo  imperò mai le sue monache né chiunque altro la udì querelarsi nelle lunghe sue malattie, che parecchie n'ebbe a soffrire nel lungo corso di sua vita, mai nelle contraddizioni dei Superiori circa la fondazione, i ristauri e Regole del suo Ritiro, o nella direzione del suo spirito, ritenendo per certo dovesse ella da errare, e fosse voce di Dio quello che udiva o leggeva nei loro scritti. Forte ella fu sempre nelle insidie del tentatore maligno che tanto le faceva guerra nel senso, di modo che avea essa a dir d'aver sempre vinto coll'aiuto del Signore, e di avere cacciato il nemico scornato ed avvilito. Forte ella fu nell'osservanza delle Regole, e se vide qualche Religiosa un po' debole nell'adempimento di quella, coll'arma dell'orazione, colla pazienza, coll'amorevolezza riusciva sempre a persuaderla ed a consolarsi insieme nel vederla ridotta alla prima osservanza. Non evvi difficoltà la più forte che si opponesse  all'esercizio della virtù, non vi fu battaglia che il nemico tentatore le attaccasse, non vi erano avvilimenti di spirito, ne dolori, ne angustie, ne affanni che tutti  tutti non vincesse e di tutti non riuscisse gloriosa trionfante.  Leggasi l'intera vita di questa donna, e vedrassi quanti esercizi di viva ed operosa Fede, di ferma Speranza, di ardentissima e duplice carità, di prudenza la più gelosa, di giustizia la più esatta, di temperanza la più mortificata, di fortezza la più inconcussa ella abbia somministrata mai sempre da dichiararla perfetta eroina di ogni più bella virtù.



[1] [NdR,  questo brano in originale sarebbe: [tributò mai sempre rispetto ed affabilità, compassione nei loro travagli,]