Capitolo XXI-
REGOLETTA CHE SI OSSERVA IN QUELLA SACRA CASA
- IL SIGNORE RAPPRESENTA A Sr. COLOMBA PER MEZZO DI DUE ANGELI UNA CROCE E LE FA PROVARE IN PRATICA, QUANTO SIA LIEVE E SOAVE IL PESO DI QUELLA. Non era trascorso un anno dacché Sr. Colomba abitava in quella sacra Casa in compagnia di altre quattro monache e due secolari, che l’aveva ridotta all'osservanza di un vero Monastero. Aveva perciò disposta una piccola stanza ad uso di Chiesuola dove convenivano tutte per farvi l'orazione mentale alla prima aurora del giorno, chiamandosi da una le altre con il suono di un campanello, fatta la meditazione si passava ad alcune orazioni vocali, terminate le quali tutte sortivano per andare alla Chiesa Parrocchiale, con religioso contegno, e sentirvi la Messa che celebrava lo zio di Sr. Colomba, cercando questi pure, per contentarle, dirla sempre ad un'ora convenuta. Ritornate a casa convenivano in altra apposita camera per lavorare avendo già fatta piccola colazione. Una stava in cucina per preparare un poco di pranzo e, suonato il mezzogiorno, passavano in altra camera riedotta a mo' di Refettorio, dove pranzando, una leggeva qualche Vita di Santi. Sortite dal Refettorio passavano alla piccola Chiesa dove era apparato un altare, per ringraziarvi il Signore, quindi ognuna passava ai propri lavori. Alle ore 23 si ritornava alla Chiesa per la recita del Santo Rosario, poi a mezz’ora di orazione mentale, e suonata l'Ave Maria ritornavasi a Refettorio per la piccola cena, laquale terminata, dopo alcune orazioni vocali in Chiesa, e fatto l'esame di coscienza ed il dolore, ognuna si ritirava con religioso silenzio alla rispettiva camera o per compirvi qualche lavoro o per dormirvi subito, secondo il bisogno. Tutti i Mentanesi restavano edificati e molto contenti nel veder sorto nel loro paese un piccolo Monastero di buone Religiose, ed il concorso delle zitelle alla scuola di carità accrebbe tanto, che fu destinato un camerone al pianterreno, e n’era la Maestra Direttrice Sr. Colomba come si disse più sopra, con alcun'altra di turno per coadiutrice. L'Arciprete essendo molto soddisfatto della nipote, non pretendeva più gli andasse tutti i giorni in casa per preparargli il pranzo e rifargli il letto ma fecendoselo fare dalla nipote alla Sacra Casa, lo mandava a prendere per il sacrestano, il quale pure gli rifaceva il letto, contento che Sr. Colomba stando ritirata il più possibile attendesse a perfezionare la Santa impresa. Le elemosine, come pur si disse altrove, abbondavano spontanee, di modo che elleno stesse, ne dispensavano ai poverelli che addimandavano alla porta, e Sr. Colomba giubilava in vedere come il Signore la rendesse soddisfatta con l'averla rinchiusa in un piccolo Monastero, come sempre aveva desiderato fin da fanciulla. Ma oh Dio, non doveva essere lunga questa sua soddisfazione! Portatasi una mattina con una sua compagna alla balaustra dopo comunicata, facendo i dovuti atti di ringraziamento al suo Signore, così scrive essa, vedo avanti agli occhi e nel presbiterio due Angioletti con una grossa e lunga Croce formata da due rozze tavole: i due Angioli parevano due fanciulli con la cotta e ali, e di una rara bellezza. Oh Dio!! io non so ridirlo, mi si posano uno alla destra ed uno alla sinistra, avendomi già posto la Croce dritta avanti al petto, e dicendomi: « Prendi Sr. Colomba la Croce, te la manda Gesù» io in veder si grossa ed alta Croce, stesi le braccia per stringerla! « No » risposero quelli « alzala, che è leggera». Abbracciai allora la Croce, la sollevai alquanto da terra, e sentii che era leggerissima come una paglia: gli Angioli sorridendo allora, mi dissero: « Vedi quanto è soave e leggera! più poi vi sarà» e in cosi dire sparvero. Rimasta io piena di stupore stringevo e baciavo quella Santa Croce e dicevo: - caro Gesù questa è la Croce che io devo portare, ma voi la portaste molto più pesante, e foste crocifisso e morto per mio amore, e si leggera la donate a me che non sento peso alcuno!- Allora sentì una voce che mi disse: ” iugum meum suave est et onus meum leve”, la Croce che ti do è dolce e soave; non ti sia pesante il patire, e se mi ami, non ricusar di patire e portar la Croce. Eccomi, diss’io, mio amato, mio bene, diletto mio, mai ricuserò di patire, ma fin’ora non l'ho conosciuto, datemi però da patire ch'io adorerò e bacierò la Croce, e intanto baciavo e stringevo ed alzavo quella Croce che tenevo fra le mani senza sentir peso alcuno. Il tutto mi apparve quando fui chiamata dalla mia compagna che stava aspettandomi in C hiesa. Difatti vedendo Sr. Angiola (era la compagna) che stavo facendo certi gesti con protendere le braccia in varie mosse, né sapendo cosa volesse significare, fu a scuoterla ed essa quasi da sogno risvegliata, si vide con sua meraviglia un frate laico in piedi che stava ad osservarla: « Cosa hai veduto» le disse quegli «che stringevi fra le braccia?» Confusa essa per la vergogna rispose – Nulla, frate mio, avrò fattoa qualche gesto ma non so altro- Sollecitata la compagna a sbrigarsi, e partendo a ora avanzata, mentre stavano per istrada: « che facevate» addimandolla quella, con tutti quei movimenti? Siete stata tanto tempo a muovere le braccia come se abbracciasse qualche cosa». Ma essa rispondendo non saper che, tacque d'avantaggio e continuarono il cammino parlando d'altro. Giunta a casa, qual non fu la sua meraviglia in vedere tutti gli ambienti vuoti di suppellettili e già caricati sopra alcuni carri e Sr.Chiara con la Madre già pronte per andarsene a Monterotondo. Ecco il punto ch'io mi vergogno di descrivere, dovendo dire di un atto inurbano e incivile di un altro medico, mio collega: sorte_che ciò facesse in un tempo in cui la scienza medica andava di pari passo con la civiltà, a quell'epoca non so se un medico cadesse in tanto errore. Dicendo costui di non aver presa moglie perché si fosse fatta monaca, e con le monache convivesse. Sollecitò la moglie insieme alla figlia andare presso di lui per servirlo nei suoi bisogni. Intanto Sr. Chiara con la Madre la salutavano e chiedendole scusa dell'operato, la lasciarono padrona da servirsene, senza compenso alcuno di affitto. Non sapeva che rispondere la tapinella Sr. Colomba, ma pensando alla Croce che aveva veduta e stretta la stessa mattina, per nulla si turbò, riconoscendo in ciò un principio di Croce che il Signore le voleva far portare. Partite quelle, rassegnata essa, subito incominciò ad accomodare la casa alla meglio, e sceltasi per essa la più povera e remota camera, l'abitò in avvenire per adempire i suoi uffici di pietà con più bell’aggio senza essere veduta o udita dalle due compagne rimastale. Non interrompendo per nulla la regola già intrapresa, si conducevano tutte e quattro più povere di prima, nei soliti esercizi di pietà, ringraziando il Signore le avesse così mortificate e andando persone a condolersi secolei, si meravigliavano e mormoravano delle Duranti [NdR moglie e figlia del medico] per non averle almeno fatte consapevoli prima, ma essa senza turbarsi rispondeva essere state costrette a fare l'obbedienza, una al marito, l'altra al Padre, e perciò non esservi motivo di che lagnarsi ne meravigliarsi. Ritirandosi nella remota sua camera: - Oh beata solitudine - esclamava sola - ora potrò sfogarmi con il Diletto mio Sposo!- Non aveva più la soggezione delle compagne che per essere vicine di camera s'accorgevano di tutto ciò che essa praticava. La mattina subito dopo ritornò dal P.e Lodovico, il quale andatole incontro « Che hai?» chiesele ridendo, ed essa raccontandogli il tutto «Non temere» soggiunse « non ti smarrire, così Dio ha disposto; il demonio te ne farà di più, ma tu sta forte, Dio è con te». -Che vi pare, Padre mio, mi hanno fatta cattiva creanza, pure me lo dovevano dire!- Sr. Chiara però non voleva partire, ma la Madre lo ha voluto, e confidogli quanto aveva veduto in Chiesa, la mattina antecedente, e cioè la Croce con i due Angeli allora sentì dirsi da lui: « Di che dunque ti lamenti, perché ti lagni della mala creanza? Il Signore ti ha prevenuta, ti ha fatto vedere la Croce che devi portare, stringila, figlia mia, stringila e baciala e ringrazia il Signore che ti vuole mortificata: prima non conoscevi la Croce, ora la conosci e la conoscerai meglio, ma chi è con te, ti aiuterà a portarla». Ritornata a casa cominciò a riflettere a quanto le aveva suggerito il p.e Lodovico, che la mortificazione è la più bella penitenza che possa praticarsi, e che per questa si merita ben più d’ogni altra; cercò ogni mezzo per tenere ignorata e sempliciotta, per essere posta in ridicolo, né mancavano alcuni chiamarla pazza, stolida, e venendole poi ripetuti tali detti e motti, giubilava in se e ringraziava il Signore; baciando e abbracciando quella benedetta Croce che le aveva mostrato. Un altro giorno conferendo con il detto Padre gli disse che se si fosse fatta monaca in un Monastero, avrebbe menata vita più esatta e penitente, e che non essendole stato concessa, bramava tralasciare la scuola per attendere più a se ritirata in quella casa, cercando poi di radunare altre per vivere in comune come in un Monastero. Quando il P.e Lodovico sentì che opinava lasciare la scuola, « La tua penitenza» risposele pieno di zelo « è la Carità; Dio non ti ha chiamata per la via della penitenza, ma quella della _Carità verso il tuo prossimo; che pretendi con le penitenze, con ì cilici, con le flagellazioni, con i rigorosi digiuni? Questa è suggestione del Demonio, che cerca ingannarti : continua la scuola e lasciati condurre da Dio, disprezza simili tentazioni, tira avanti, che Dio vuol fare gran cose di te: ti unisci con molte sorelle, vivrai si in comune, ma la cosa principale che vuole da te, è la scuola, è la carità verso il tuo simile». Restò persuasa e tranquilla Sr. Colomba e con animo intrepido e più alacre continuò la scuola di carità seminandovi sempre più le sante virtù, concorrendovi e zitelle in gran numero, e vedove e maritate. Ciononostante, come si disse fin da fanciulla ideava e monache e monasteri, e questa idea la nutriva ancora, ma credendosi insufficiente a tanta impresa, teneva il pensiero in se ne ad alcuno per vergogna lo comunicava, sembrandole un concetto superbo. Ecco come si esprime ella stessa nei suoi scritti; il co¬municare una tal cosa, come veniva da me si povera e vile: -Paremi la gente si sarebbe risa di me e mi avrebbe detto: ma tu sei una pazza, e così nutrivo questo desiderio interno senza manifestarlo rnai al mio Direttore Spirituale, ma il Signore che questo appunto da me voleva, non mi lasciava smarrire il desiderio; imperocché quando io fecevo orazione spesso mi trovavo astrattamente, vedevo in ispirito il modo d’introdurre e cominciare il Monastero; parevami già stare con molte compagne e già designare la vita che si doveva condurre, l’ordine che si doveva mettere, il modo che si doveva tenere, insomma sentivo un ammaestramento di cose che molto mi dilettavano lo spirito, ma sempre u- nita all’idea della carità verso il prossimo con l’esercizio della carità.. Ritornavo da questa distrazione (così io la chia mavo) e mi confondevo davanti a Dio e, dolendomi dicevo ”ma Signore, sto qui per meditare, e dove sono andata a discorrrere con la mente? Cosa è questa che io penso? Se è tentazione levatemela, se poi lo volete voi, fatelo pure che io sarò la serva delle monache di questo Monastero che vada fantasticando”. Oh! mia felicità, se la pietà vostra, Signore, mi facesse degna di tanta gioia e di tanto bene io che non fui degna di stare in un Monastero, fossi qui graziata dall'infinita bontà vostra a servire le suore poverine di un Monastero mio!! Così si accendeva nell'anima mia una fiamma che tutta mi ardeva. Ora per concludere quanto ho narrato dirò una parola: se io oravo, se mangiavo, se facevo la scuola, se operavo, era un continuo, ma quasi continuo pensiero, e la mente mia si trovava occupata in tali opere, gustando come appunto mi fossi trovata nella santa unione di molte monache.- Questo pensiero, come si disse, mai palesò a nessuno, se non che fu promossa l'unione di poche monache, e nel palazzo del Principe Borghese e nell'ex Conventino, ma per l'istanza dell'Arciprete e del P.e Domenicano, in quanto essa obbediva e taceva, se non che in iscuola diceva ad alcune buone scolare: - Che bella cosa sarebbe se noi fecessimo un Sacro Ritiro come un Monastero e vivere molte insieme in santa povertà- A cui le più devote con allegrezza rispondevano: « Oh buona cosa sarebbe, facciamolo dunque, tocca a lei Sr. Colomba» ed essa arrossendo, quasi avessero interpretato l'intimo pensiero, chiudeva il discorso dicendo loro: - Fate orazione, facciamoci buone e viviamo come fossimo tutte Religiose…- |