Capitolo XIX-
TENTA DI FONDARE UN PICCOLO RITIRO DI MONACHE IN MENTANA
MA RIESCE FRUSTRANEO OGNI TENTATIVO.
Era già corso un anno dacché Sr. Colomba aveva vestito il Sacro Abito, quando si portò in Mentana un Religioso Domenicano molto dotto e pio, ed abitando questi in casa dell'Arciprete, ebbe campo di osservare gli andamenti di Sr. Colomba. Erasi questa perfezionata in modo che le scolare, giunte al numero di ottanta circa, oltre le persone di ogni condizione ed età che vi accorrevano per prendere consigli e santi documenti, erano tutte, secondo l’età, bene istruite si nelle cose di Religione che di domestici lavori, vedevansi per Mentana, modeste , devote, mortificate frequentare i SS.mi Sacramenti e il paese tutto edificato. Volle questo P.e Domenicano visitare un giorno la scuola, e restando molto soddisfatto, consigliò. Sr. Colomba fare nelle domeniche le dispute in Chiesa, bramando egli assistere; difatti ebbe molto a restar contento ed a lodare tutte, sentendole bene istruite e pronte a rispondere, e trovò pure la Maestra dottissima in ispiegar loro i misteri e le cose più astruse e sottili della Fede, Ei continuò così per tutte le domeniche della Quaresima con piena soddisfazione del Predicatore e con molto profitto della popolazione che tutta interveniva per apprendervi la dottrina sana. Varie di quelle giovanette dietro l'esempio di si rara Maestra sentirono vocazione a monacarsi, ma essendo ancor giovanette troppo verdi, furono consigliate a coltivare la buona inclinazione fino al tempo di congrua età; ma due essendo adulte e capaci di discrezione, vestirono il Sacro abito di S.Francesco e furono assoggettate alla direzione di Sr. Colomba che fu nominata la Superiora, e tutte e tre Maestre della scuola di carità. Non voleva Sr. Colomba questa carica e scongiurava la facessero la serva di tutte, ma non acconsentendo il Predicatore e lo zio, dovè esserlo, non omettendo però, dedicarsi nelle opere le più vili e basse. Convivevano tutte e tre in alcune camere assegnatele dall'Arciprete in sua casa, ma, sentendo la vocazione di alcune altre le quali non avrebbero tardato di vestir il Sacro Abito, né l'Arciprete sentendosela buona di mantenere a sue spese un Monastero di donne in casa propria, tanto esso che il P.e Domenicano, che prolungò la sua stazione in Mentana qualche settimana dopo la Quaresima, furono d'avviso essere luogo idoneo alla scuola il palazzetto del Sig. Principe Borghese. Concluso fra loro dover così supplicare Sua Eccellenza per ottenerlo pensarono mandare a Roma Sr. Colomba munita di supplica da presentarsi; chiamatala perciò lo zio: «Io mi consolo del profitto che Dio fa sul prossimo per mezzo vostro, ed ho pensato che andiate a Roma per chiedere il palazzo del Sig. Principe per essere luogo adatto e commodo, stantoché il numero grande delle scolare non può capire nella sala che vi ho assegnato, né voi altre terziarie convivere in una sola camera, i quali ambienti pure abbisognano a me, per essere la casa parrocchiale ristretta. Tutte tre poi avrete la vostra dote dai relativi genitori con le quali assieme unite, e con i lavori vi manterrete aiutandovi io pure dove potrò». Estatica Sr. Colomba in sentir questo rispose: - Io obbedirò, ma mi vergogno, perché cosa risponderà Sua Eccellenza, essendo la cosa non di lieve momento?- Ma lo zio sorridendo soggiunse: «Andate pure che essi vi accoglierà con amorevolezza, conscio già con sua soddisfazione del frutto che produce la vostra scuola, in Mentana». Ritornata Sr.Colomba in scuola, le compagne e le scolare tutte la mirarono, e chiedendole donde l'allegrezza che le appariva in volto: - Allegre, allegre, care mie, il Signore farà gran belle cose, ma ci vuole lume; noi faremo un piccolo Monastero-. A queste parole giubilarono tutte, massime quelle che sentivano vocazione di monacarsi, si diede lode a Dio, ne oltre esternarsi circa questo affare. Nella sera consegnò l'Arciprete una lettera alla nipote in cui v'era inclusa la supplica da lui scritta, dicendole che alla mattina subito per tempo si fosse alzata, per cavalli sarebbero pronti con un uomo ed una donna per portarla a Roma, e l'istruì sul modo di tenersi con il Sig. Principe nel presentargli la supplica. Non apparsa l'aurora, fu Sr. Colomba in piedi e visitato il SS.mo Sacramento s'incamminò verso Roma con le due persone a cui l’aveva affidata lo zio. Giuntavi, fu condotta al Palazzo Borghese, e nell’atto che essa stava per salire la scala, vide scendere il Sig. Principe sopra una bellissima sedia portata da servitori, per metterlo sul cocchio che appiè della scala stava pronto, e saputo essere desso, inchinandolo, gli consegnò il plico piena di vergogna e di rossore aggiungendo il complimento che le aveva insegnato lo zio. Letta la supplica, tutto grazioso la guardò e chiesto se dessa era la nipote del suo Arciprete di Mentana, saputo che sì, la lodò per le belle cose che aveva di lei udite, ed osservando l'ingenuo rossore che le copriva il volto, la incoraggiò con bei detti; sarete consolata, le disse, brava, proseguite pure e pregate il Signore per me, e dettele altre parole la salutò. Si rallegrarono con essalei le persone che la guidavano, e sortiti dal palazzo fu condotta alla casa di un compare dell'Arciprete, chiamato Lorenzo Strocchi dove fu accolta con molte finezze e congratulazioni, si per la grazia ricevuta dal Sig.Principe che per le virtù che praticava in Mentana. Dopo pranzato, supplicò la conducessero a S. Francesco dove volle confessarsi ad un Religioso che conosceva, e comunucategli le cose sue, la esortò a continuare nella via delle virtù e nella scuola di carità. Ritornò in casa Strocchi non curandosi di veder Roma, e passata la notte in orazioni, nella mattina fu ricondotta a Mentana. In tutto il viaggio non fece che parlare con l’Angelo suo Custode: -fratellino mio -gli diceva - custoditemi in questo viaggio, tenetemi raccolta in Dio affinché non pecchi fratellino mio assistetemi-. Per Roma poi fu l’ammirazione di tutti quei che la vedevano, nell'osservare una monachella con gli occhi bassi, con le mani incrociate al petto, con un sorriso d'Angelo sulle labbra e con un passo modestissimo, molti le baciavano l'abito seguendola con l'occhio. Giunta incolume a casa, lo zio le domandò circa l'esito, a cui Sr. Colomba raccontando il felice successo, e le cortesi accoglienze del Sig. Principe. - Lodiamo Dio- disse ed ambedue parlarono con il Ministro, certo Cardinali, che in allora stava in Mentana, e siccome questi teneva una figlia che aveva appreso i lavori e l'educazione spirituale di Sr. Colomba, l’ amava molto, ed in sentir che Sua Eccellenza le avrebbe accordato il Palazzo per abitarvi con le compagne e per farvi la scuola se ne compiacque di molto e le promise tutta la sua cooperazione ed assistenza. Dopo qualche giorno le giunse lettera del Principe, ed egli fece ripulire subito un appartamento, e chiamata Suor Colomba:« Ecco» le disse «tutto sta preparato: tre camere serviranno per dormirvi le tre monache, la sala grande per la scuola, e la cucina, il pollaio ed altro ambiente per il tellaio. [NdR: Forse intende sala per usare telai di ricamo e tessitura]. Il rimanente del Palazzo deve servire per i Missionari e per il Predicatore quaresimale ». - Ma verrà tempo in cui mi abbisognerà tutto; questo è poco!- Ridendo allora il Ministro«Servitevi intanto di questo appartamento, che in seguito vi penseremo». Ringraziatolo di tutto, ritornò a casa, ma non potè trasferirsi al nuovo locale, perché abbisognava accomodare le finestre essendo prive di telai e di vetri, ed in questo frattempo in cui si stavano accomodando avvenne che il Ministro passò ad altro feudo, ed in Mentana ne venisse un altro, al quale non piacendo fosse in tal modo occupato il Palazzo chiese a Sua Eccellenza per dissuaderlo, ed avutane risposta, che quel che era fatto, stava bene, andò in persona a Roma, e tanto disse e tanto fece che il Principe convenne non dar più il Palazzo a Sr. Colomba, ma il Conventino abitato una volta dai Cappuccini, distante da Mentana un mezzo miglio, a mezza strada cioè che conduce a quello dei Riformati. Avvisatane perciò essa, con il permesso dello zio, la volle condurre questo Ministro con alcune compagne perché l'osservasse e l'accettasse. Trovavasi questo in buono stato ed abitabile, tranne la Chiesa che abbisognava di molto ristauro, ma dicendo il Ministro che tutto sarebbe accomodato, piacque a tutte le compagne che sollecitarono la Maestra ad accettare, e postisi a sedere tennero discorso. Sr. Colomba, fatto alquanto di riflessione, ruppe il silenzio col dire al Ministro non potere accettare: restò meravigliato egli, ma udendo le ragioni, abbisognò acconsentisse, adduceva essa che il locale,_sebbene bello, non era adatto a ricettare donne, perché lungi dall'abitato, ed in caso di malattia o di furti o di altro affronto, non avrebbero a chi ricorrere di notte tempo: addusse di più la cattiva strada, impraticabile d'inverno, la lontananza per le fanciulle che non avrebbero potuto ogni giorno andare alla scuola, ed il pericolo per le giovani adulte esposte a qualche affronto dei giovani immodesti. Ritornarono così a casa, e raccontato il tutto allo zio, applaudì alle giuste riflessioni della nipote né più per allora si parlò di Monastero. I Mentanesi che udivano parlare di queste cose, e che si credevano vedere la Scuola trasferita nel Palazzo come a guisa di Monastero, e poi non più, ma bensì al Conventino soppresso, ne più qui ancora, cominciarono alcuni a dire che la nipote dell'Arciprete s'era impazzita, e faceva diventar pazze le scolare ancora. Alcune buone di queste udendo così parlare e beffeggiare referivano piangendo tali dicerie a Sr. Colomba, ma essa che solo desiderava di essere mortificata e di essere in nessun conto appo le persone, se ne rideva e giubilava - Macché piangete'- diceva a quelle che riferivano- Gesù Cristo fu pure stimato pazzo e fu vestito di rosso straccio con mille derisioni ed improperi, che meraviglia s'io pure soffrirò d’essere tenuta per idiota e derisa? Allegre, figlie mie, consolatevi nel Signore, lasciamo fare a lui, il Paradiso dev’essere guadagnato con la forza e con la violenza:"Regnum Dei vim patitur, et violenti rapiunt illud"[NdR: Regnum coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud –(S. Alfonso ) ]. Comunicava poi Sr. Colomba tutto ciò al P.e Lodovico, ed esso la incoraggiava a camminare nella via della mortificazione, che è la strada che conduce al Regno di Dio, ed esortavala ad attenersi ben stretta principalmente all’Umiltà e alla Carità, come fonti d'ogni altra virtù. Passarono molti mesi senza più parlare di Monastero, se non in iscuola di tratto in tratto da alcune buone zitelle: e quando faremo questo Monastero? dicevano alcune: Sr.Colomba e quando da principio? sorridendo essa : sorelle mie, facciamolo intanto nel nostro cuore! Ma come si può fabbricare un Monastero nel cuore? chiedevano quelle ridendo, a cui essa - carreggiate la calce, i sassi e la pozzolana e poi fabbricheremo nel cuor nostro un bellissimo ritiro: per la calce m'intendo le sante virtù con le quali rassodarci e unirci tanto da non lasciare adito a vizio alcuno, né a vanità, né ad altro terreno affetto, come a parenti, ad onori, a fortune:per i sassi intendo la santa orazione con la quale si scaccia il demonio con tutte le sue suggestioni e siccome non basta un sol colpo per fugarlo, bisogna carreggiare molti, o sia ripetere le orazioni e perseveranti, per ripetere il colpo e vincerlo. Per pozzolana intendo la considerazione del nostro nulla, la pratica della virtù, dell’umiltà, considerando che di terra siamo e terra dobbiamo risolverci, e riflettendo che la pozzolana con vento s’inalza e fa la caligine che offusca gli occhi, così nostra ambizione e superbia innalza la polvere del nostro nulla, ci offusca l'intelletto e non ci fa più conoscere il nostro Dio. Capo-mastro sarà Dio stesso che fabbricherà una rocca inespugnabile a qualunque nemico, gli operai ed i muratori sono i nostri confessori, i Direttori che da quelli bene istruite, ci diriggeranno essi a bene ordinare i materiali, che saranno cioè le virtù, le considerazioni e le orazioni: compiuta la fabbrica e ben munito il cuore, vi entreremo noi che saremo i manuali, quelli cioè che hanno dato mano all'opera, e così rinchiuse riposeremo tranquille. Ecco il Monastero o Ritiro che per ora intendo fabbricare-. Così Sr. Colomba teneva consolate le sue scolare, sempre ammaestrandole con ogni detto suo, ogni sua orazione. |