CAPITOLO IX-

CAPITOLO IX

Luigi Massari  - VITA DELLA SERVA DI DIO

 Sr. COLOMBA DI GESÙ

DA MORICONE 

 a cura di Pierluigi Camilli

CAPITOLO IX

NELL’ETÁ DI QUINDICI ANNI DA STAZZANO SI PORTA A MENTANA DOVE DIMORA ANNI DODICI.

 Si disse nello scorso Capo come la buona Paola ad onta delle tante sue cure procurate ai figli della zia ne riportasse poi da questa oltraggi e strapazzi, i quali saputisi dallo zio Don Gregorio Attili allora Arciprete in Mentana, volle questi liberarla col chiamarla a se, conosciute ancora le di lei belle virtù e capacità di assisterlo in casa, noti a lui altresì la docilità e la di lei bella indole: e se aggiungasi che un'altra zia di Paola sorella della defunta Madre e dell'Arciprete, con questi convivente doveasi nell'ultimo giorno di carnevale maritarsi in Mentana, sollecito così Don Gregorio a chiamar Paola a se d*accordo con Felice Serantoni di lei Padre. Venuta per tanto da Mentana  la stessa zia, che dovea fra giorni maritarsi, per avvisare i parenti, passando per Stazzano condusse Paola a Moricone per ricevere benedizione del Padre e per congedarsi dalla famiglia e dalle amiche, e fatti i dovuti complimenti nella stessa mattina fra il pianto e il cordoglio ripartì da Moricone e ripassando per Stazzano e salutati i parenti continuò il cammino per Mentana che dista da Moricone poco più di tre ore. Giuntavi sul mezzo giorno e in        tempo che lo zio cantava la Messa,  per prima cosa entrava in chiesa per ringraziare il Signore, e terminata la Messa lo zio la ricevé in sacrestia e condottola con allegrezza in casa fo mirata di buon occhio  da molta gente ivi accorsa a rallegrarsi secolei, tratta già dalla di lei buona fama, ed essendo di qualche  avvenenza e quel che più conta di maniere  civili e cortesi delle quali spiccava e la religione e la virtù, fin da quel momento fecesi alcune amiche le quali poi mai più l'abbandonarono, avendo a gustare delle di lei edificante conversazione.  Maritatasi l'ultimo giorno dì carnevale la zia di Paola, ossia   due giovedì dopo (poiché entrò Paola in Mentana l'ultima domenica di carnevale dell'anno 1715) e partita da quella casa, lasciò sola  non senza averle dati quei suggerimenti opportuni al governo della casa dell'Arciprete, e vedutasi così abbandonata con un piccolo cugino, figlio di un altro zio che teneva a Stazzano, provò alquanto di confusione, temendo non poter riuscire, e ricorse perciò all’orazione raccomandandosi al Signore a ciò le facesse la grazia di poter operare in modo che lo zio restasse contento, né andò poi senza effetto quella sua prece, che il tutto poi le riuusciva tanto bene, e a poco a poco pigliò santa pratica, cui l'Arciprete vi era sommamente soddisfatto e le corrispondeva con altrettanto di benevolenza. Comincia subito i suoi soliti esercizi di pietà formandosi un piano di vivere; poiché alzandosi la mattina di buon'ora, dopo aver recitato le sue orazioni a piè di un'altarino che che già si era fabbricato nella sua camera, passava per una segreta alla Chiesa a visitare il Santissimo Sacramento con molto suo giubilo sfogandosi a suo talento e senza timore di essere veduta, peroché lo Arciprete non essendo uso ad alzarsi tanto presto, né altra persona essendo in Chiesa, dopo  devotamente la sue orazioni, apriva ella stessa la porta. V'era nella Chiesa una bella      immagine della Vergine, la quale salutando Paola ogni mattino,  e   chiamandola col nome di Mamma sua, la pregava ad insegnarle   le     cose da farsi in giornata nella casa, né inutilmente; che  sentendosi illuminata ed istruita in ogni sua faccenda,, vi riusciva poi perfettamente. In quella prima Quaresima che passò in Mentana si fece varie buone amiche, tra le quali scorgendone una  molto devota, le si affezionò e la pregò andarla a trovare spesso, colla quale poi pigliando buoni discorsi, scendevano ambedue alla Chiesa e con santa gara si esercitavano in atti di pietà. Venne a sapere Paola che questa cingevasi di cilizio, e fattosi mostrare questo strumento di penitenza e spiegar l'uso,  se ne invogliò essa tanto che se lo fece imprestare per alcuni    giorni, ed avutolo appena fra le mani si cinse i delicati fianchi con quello la sera subito, e tanto le piacque quel martirio che chiesto in dono lo strumento    ne fu dalla compagna regalato,  tenendone questa un altro per se. Cinta così di quel pungente cilicio camminava allegra per casa facendo le sue attribuzioni; sentendosi traforar la delicata pelle, cantava canzoncine pure sulla    passione di Gesù; ed offerivagli quei dolori persuasa    essere nulla in confronto di quelli che aveva tollerati    l'appassionato suo Bene.  Queste sue devote contentezze però venivano alquanto  amareggiate, poiché andando per casa dell'Arciprete un giovane di buon gusto, ed invaghitosi di essa, si trattenne a far discorsi che poco le garbavano, onde essa, accortasi, cominciò ad essergli più seria e ad usargli qualche sgarbatezza, ma non volendo queste, insisteva quegli fino a dichiararle  amore con parole le più melliflue e lusinghiere. Essendo il giovane benevisto dall'Arciprete, non sapeva Paola come fare levarselo d'attorno onde s'angosciava tanto che correndo alla sua Mamma in Chiesa, genuflessa la supplicava e le chiedeva fortezza a resistere in quei cimenti; né per quei inutilmente; parlò essa allo zio egli palesò ogni cosa, ma non volendo questi mortificare il giovane, né fargli mala creanza, poiché quegli addimostrò mai sempre educazione per l’addietro, tollerò l'Arciprete per qualche giorno tenendolo però sottocchio, sapendo bene dovere in breve andare a Roma per continuare gli studi di medicina, come poi successe infatti dopo due settimane dell'avviso. Avveniva ancora che in casa dell'Arciprete concorrevano persone a conversare nella sera, facendosi ridotti dove si  parlava di cose se non  cattive almeno inutili ed oziose. e la  povera Paola affliggendosi non poteva rimediare, essendo pure l'Arciprete di umore allegro, e vedendo perciò essa che i giorni passavano, e nulla o poco guadagnava nello spirito, come desiderava, sfogavasi con il sacristano, uomo di pacifica pasta, richiedendolo come si avrebbe potuto fare per impedire quei ridotti in casa, ma neppur da questi potendo aver suggerimenti soddisfacenti, ricorse di nuovo alla sua Mamma, ne tardò averne successo; che lo zio cominciando a cambiar naturale, diesi alla serietà, non ammettendo più persone in casa, ne più dando confidenza a quegli che erano per affari di Chiesa e di sacristia costretti ad intervenire. Soddisfatta Paola, davasi con più solitudine agli esercizi di pietà, e solo per ordine dello zio sortiva qualche volta   da  casa con alcune scelte compagne di buona condotta, o per visitare qualche chiesa,. o per passeggiare  coll'intrattenersi sedute in qualche erboso prato in religiosi discorsi. Soleva dire alle  compagne: facciamoci buone, ed io ne ho maggior motivo come nipote dell'Arciprete; egli predica la virtù, ed io lo devo addimostrar con i fatti: che si direbbe di me se non mi facessi buona ed altrimenti operassi? Si direbbe che lo zio cerca di fabbricare, e la nipote di distruggere.  Conobbe Paola la necessità d'imparare a leggere, di cui fin allora ignorava affatto, per ricavare da buoni libri miglior educazione religiosa, e retta guida nel cammino delle sante virtù. Fece istanza allo zio, ma  n'ebbe in risposta.non essere buona cosa le donne saper leggere, molte volte approfittandosene in male, ma Paola assicurandolo essere a ciò spinta per servirsene  in suo bene, ed essere a ciò illuminata interiormente dal Signore, condiscese egli, col patto però si fosse fatta istruire  da altri, adducendo non aver esso tempo per impiegarsi in ciò. Ottenuta la licenza, chiese subito ella ad una povera donnicciuola romana, che stava allora vedovata del marito in Mentana, le volesse insegnare a leggere, ed avutane in risposta che si, le  promise il suo consenso, e compratosi il libricciuolo si mise a  studiar la santa Croce ossia l’Alfabeto: appena quella  donna le  aveva letta una volta la lezione, la ripeteva Paola poi sì francamente e senza sbagliare che meravigliandosi la maestra  del tanto impegno, la passò in pochi giorni a compitare, che pure in pochi giorni imparato, fu passata a leggete alcune orazioncine. Pareva, scrive essa, che dentro di me udissi una voce che in rime mi dicesse le lettere, poi più avanti mi dichiarasse tutto  il significato di quanto leggevo, e mi sentivo infiammar tutta  d'amore verso Dio, trovando in me un Paradiso di gioia. Dopo due  settimane in tutto di studio, le fu data a leggere una bella orazione della Madonna e uditala leggere prima dalla Maestra, le piacque tanto, che ripetutala francamente sul libro, si ritirò  in camera ai piedi del suo altarino, e lì pregata prima la  sua Mamma, tanto la studiò, che la mattina subito non solo la rilesse senza alcun errore, ma tutta la recitò a memoria; di che stordita la maestra, le chiese come avesse fatto esclamando: «Oh! che cervello ti trovi avere, il Signore certamente t'insegna,  non io!»  Dopo due settimane di studio, le fu data a leggere la   Dottrina Cristiana, e tutto il significato di questa tanto le restava impresso, che poi le serviva di contemplazione per tutta la giornata, ricordando e deliberazioni e capitoli, per cui accorgendosene lo zio ed altre persone con cui bramava disputare delle cose lette anche in altri libri  che bramosa prendeva nella camera dello zio, ammiravano tutti in lei l'aiuto Divino. Quando lesse i tre consigli dati da Nostro Signore a   quelli che bramano vivere con perfezione, sentì dentro di se un giubilo che le fece palpitare il cuore come si fosse spostato dai suo luogo. Aveva, altre volte nella Dottrina  che le spiegava il parroco, udito di questi  tre voti, ma passati senza spiegazione, e terminato di leggere, pregò la Maestra le avesse ben bene spiegato per intero cosa doveasi intendere, a cui quella:«chi conseserva la propria Verginità con Perpetua Castità, non  volendo  conoscere uomo, per donarla a Dio; chi si fa povero per propria volontà, rinunziando ai comodi di questa vita; chi si rende obbediente, in tutto ciò che non è peccato, ai Superiori, che tengono in luogo di Dio, fa un perfetto dono al Signore della    propria vita, per cui ne avrà in premio la gloria del Paradiso, in   maggior grado  di quelli che morendo giusti non professarono tali voti consigliati da Dio.» - Oh che mi piacciono- esclamò    Paola,   e partita la maestra ruminava in se questi tre consigli come rapita di gioia, e andata nello stesso giorno a visitare il SS. Sacrainento, sentì dirsi interiormente: «Legati con questi voti   e sarai mia sposa» Scossa allora –Signore- disse, io voglio essere vostra per sempre, io voglio essere sposa vostra- ed in quell'atto stesso promise al Signore di voler essere povera, casta e obbediente per tutta la vita. Passando poi all'altare della Madonna come Regina dei Vergini –Ecco -Le disse- ch'io prometto    al   Vostro Divin Figlio la mia verginità, Voi aiutatemi ad essere casta per tutto il mio vivere fino alla morte, io non vaglio né avrò, col vostro aiuto, mai conoscere al mondo uomo alcuno, io amerò sola il vostra caro Figlio. Cominciò poi subito a mettere in pratica i tre giuri fatti però senza consiglio di Confessore o Direttore, ed in riguardo alla Verginità fu così cauta per mantenerla che più non mirava faccia uomo alcuno, e neppure allo zio Arciprete, rispondendogli sempre ad occhi bassi: ed in riguardo    a essere si gelosa in custodirsi che nel doversi cambiare la biancheria e spogliarsi  per mettersi a letto, praticava il tutto sempre ad occhi chiusi per non vedersi parte alcuna del proprio corpo, e dormendo      in letto- sj. metteva le braccia sul petto senza mai muoversi per non toccarsi. In riguardo alla povertà diedesi ogni studio per praticarla, cominciò a tralasciare   in tavola qualche cibo ogni giorno, adducendo per iscusa non appetirlo, perché nessuno se  ne accorgesse,. o portava da tavola per riportar altra vivanda tralasciando la prima e fingendo di averla già mangiata:-Ma se    io fossi povera-  in verità diceva- questa cosa non l'avrei da    mangiare; ora mi figurerò povera e non la mangerò- così dicasi del  vino che  bere spesso il lasciava, tenendo invece l'acqua, e   talora questa pure,tralasciava soffrendo la sete; per ideassi più povera e per più soffrire. Rispetto al vestiario lasciò l'uso delle fettuccie, degli aghi d'argento in capo, cambiò  i pendenti d'oro in alcuni di ottone, vestì tele ordinarie e di poco costo, mai la si sarebbe veduta o con anelli in dito od altre vanità indosso, riducendo povera ancora la sua cameruccia e priva d'ogni superfluità ad imitazione ci alcune sante, la vita delle quali cominciava a leggere. Quando vedeva qualche poverello, lo avrebbe abbracciato e condotto seco a tavola con dargli  la parte   sua, se non fosse stato per riguardo allo zio, e  se qualcuno poi vedesse vestito da pellegrino: -Chi sa- diceva- non sia questi Gesù Cristo in persona?-  Ed elargendo poi tutti di elemosina, parlava loro come a Santi amati fratelli, seguendoli, invidiosa della loro povertà, coll'occhio e compassionandoli! Il voto pure della santa obbedienza lo praticò non meno degli altri due; poiché vi rifletteva che Gesù Cristo era vissuto  in terra per obbedire all'Eterno suo Padre, e che gli fu poi tanto obbediente fino a morire sopra una croce inchiodato, sentivasi  talmente stimolata all'acquisto di queste virtù che per quanta   le era data nelle sue circostanze, procurava a obbedire in tutto allo zio Arciprete, dispiacente non aver altri superiori la comandassero. Desiderava perciò ritrovarsi un saggio confessore e Direttore di spirito che fin allora non le fu dato averlo, per  aver campo di esercitarsi nell'obbedienza. Così Paola nell'età di soli 16 anni si diportava per essere grata agli occhi di Dio.